S. Maria in Domnica - Mauro Monti

Nella parte più elevata del Celio all’incrocio di quattro grandi direttrici presenti fin dall’antichità sorge un’antica diaconia e stazione quaresimale dove operò San Lorenzo, conosciuta popolarmente come la Navicella.

Costruita sui resti di un edificio romano, la caserma della V Coorte dei Vigili, fu fondata molto probabilmente nel VII secolo. La primitiva basilica giunse in cattive condizioni ai tempi di Pasquale I (817-824) che la riedificò dalle fondamenta, ampliandola e decorandola con magnifici mosaici absidali e aggiungendo un portico a quattro colonne. In questo luogo, al tempo di Innocenzo III (1198 – 1216), si raccolse il primo nucleo di Trinitari sotto la guida di S. Giovanni de Matha, per iniziare la loro opera assistenziale e fu costruito l’Ospedale di S. Tommaso in Formis. Rimane ancora oggi l’antica porta sormontata da un’edicola dentro la quale è raffigurato a mosaico il Salvatore tra due schiavi liberati: uno bianco e uno nero. Tra il 1513 e il 1514, sotto la spinta del cardinale titolare Giovanni de’ Medici, futuro Papa Leone X (1513 – 1521), venne rifatta la facciata su disegno di Andrea Sansovino, che progettò anche l’attuale portico a sette archi su pilastri dorici.

La piazza sulla quale sorge la chiesa è particolarmente caratteristica ed insistono su di essa molte testimonianze storiche: l’acquedotto di Nerone, l’arco di Dolabella che ricalca l’antica porta Coelimontana delle mura serviane, i resti della chiesa di S. Tommaso in Formis, l’entrata della Villa Celimontana e dietro un muro di recinzione, l’antica chiesa di S. Stefano Rotondo. Le strade che la attraversano ricalcano antichi tracciati romani: il primo porta verso il Colosseo e prendeva il nome da un monumento ignoto chiamato Caput Africae, il secondo verso il Circo Massimo ed è conosciuto come Clivus Scauri; il terzo conduce al Laterano e il quarto a Porta Metronia.

Sul finire del V secolo, con l’impero d’Occidente ormai in rovina, la Chiesa si trovò a sostituire l’amministrazione annonaria nel compito di fornire alla città gli approvvigionamenti necessari; furono dunque create le diaconie che comprendevano magazzini di deposito, locali per la distribuzione di generi alimentari, ambienti di ricovero per pellegrini e malati, e un ambiente sacro per l’assistenza spirituale. Distinte dai tituli o chiese parrocchiali, le diaconie si insediarono per lo più in edifici pubblici e furono dedicate o a santi orientali oppure, ed è il caso più frequente, alla Madonna, il cui nome veniva fatto seguire da un toponimo (in Cosmedin, in Traspontina…). Nel XII secolo S. Maria in Domnica divenne sede dell’Arcidiacono cioè di colui che reggeva l’amministrazione finanziaria e caritativa nella diocesi e, secondo la tradizione, anche San Lorenzo avrebbe operato qui.

S. Maria in Domnica - Mauro MontiLa denominazione popolare di questa chiesa, “La Navicella”, deriva dalla presenza di una riproduzione in marmo di una nave romana, molto probabilmente un ex voto alla dea Iside di soldati dei distaccamenti provinciali di stanza nei Castra peregrina, cioè gli accampamenti di milizie straniere. Non bisogna stupirsi di ritrovare un simile elemento davanti ad una chiesa perché in quel tempo era molto diffusa l’usanza di posizionare oggetti antichi davanti a luoghi di culto: nell’antica San Pietro, infatti, c’era la famosa pigna di bronzo, nell’atrio di Santa Cecilia in Trastevere è ancora presente un antico vaso di marmo e davanti al Pantheon l’urna di porfido che fu poi utilizzata come sepolcro di Clemente XII ora in Laterano. Quella che vediamo oggi, adibita a fontana è una copia del primo Cinquecento disegnata da Andrea Sansovino.

L’interno è a pianta basilicale, diviso in tre navate da 18 colonne di spoglio con capitelli corinzi. Il soffitto a lacunari è del tempo del card. Ferdinando de’ Medici (1566) di cui reca al centro lo stemma ed è decorato con motivi ispirati alle litanie mariane. Il pavimento è invece moderno.

Nel mosaico absidale del IX secolo è raffigurato al centro il Salvatore fiancheggiato da due angeli seguiti da due schiere di Apostoli, sei per parte, guidati da Pietro e Paolo; in basso le figure di Mosè e di Elia; nel catino è presente la Madonna col Bambino fra due schiere di angeli. Inginocchiato c’è il pontefice Pasquale I con il capo cinto dal nimbo quadrato ad indicare che al tempo era ancora vivente.

Mauro Monti


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23 Febbraio 2016

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