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La vittoria dell’Italia in quella “inutile strage” che fu la Grande Guerra non fu solo uno scontro di trincea fatto di attese e di assalti alla baionetta. Giornalisti, poeti, scrittori, ma anche cappellani militari come don Angelo Giuseppe Roncalli, futuro Giovanni XXIII, e don Gioacchino Rey, il “parroco delle trincee”, come lo definì Pio XII, solo per citarne alcuni, con i loro diari e le loro lettere insieme a tanti soldati, ufficiali e sottufficiali, hanno scritto pagine di storia indimenticabili. Non ultimi Ernest Hemingway e Rudyard Kipling che, rispettivamente, con Addio alle armi e La guerra nelle montagne. Impressioni sul fronte italiano descrissero con gli occhi degli inviati speciali stranieri i drammi e gli eroismi degli italiani. L’autore de Il libro della giungla decise nel 1917 di andare con gli alpini, sulle Alpi Giulie e Carniche per raccontare il coraggio, l’ingegnosità e l’umanità delle penne nere. Due anni prima aveva perso suo figlio John, ucciso nella battaglia di Loos del 1915. Hemingway raccontò diversi fronti, ma la guerra la toccò con mano nel basso Piave, nei pressi di Fossalta e Monastier di Treviso come assistente di trincea con il compito di distribuire generi di conforto ai militari. Lo scrittore restò ferito e dall’Italia ricevette anche una medaglia al valor militare. Questo contribuì, grazie anche a decine di intellettuali come Giuseppe Ungaretti e Luigi Barzini, che ebbero la fortuna di ritornare vivi e raccontare quel che avevano visto (i giornalisti italiani caduti furono 266 come scrivono Pierluigi Roesler Franz e Enrico Serventi Longhi nel libro Martiri di carta della Gaspari Editore), a mostrare la Grande Guerra principalmente come un fatto di trincea. Caporetto e il dibattito attorno a questa battaglia persa pesantamente aiutò in questa direzione.  Occorre tuttavia non dimenticare che il primo conflitto mondiale fu anche e soprattutto guerra sul mare. In particolare in Adriatico: Venezia, Ancona, Brindisi, il canale d’Otranto, Taranto e altre città della costa furono messe a dura prova. La Regia Marina ricoprì un ruolo strategico, seppur poco appariscente, ma decisivo. In totale compì circa 86mila missioni, due milioni di ore di moto effettuate e 26 milioni di miglia percorse, pari a 1.200 volte la circonferenza terrestre all’equatore. In un documento conservato presso l’Archivio dell’Ufficio Storico della Marina Militare, dal titolo Alcune considerazioni sulla guerra navale in Adriatico nel periodo 1915-1918, redatto poco tempo dopo la fine delle ostilità, vengono elencati l’impegno e gli sforzi che condussero alla vittoria finale che si celebra il 4 novembre. 

 

13 Novembre 2018