dal lunedì al venerdì ore 17:30

Con l’Arcivescovo metropolita di Gorizia, S.E.R. Mons. Carlo Roberto Maria Redaelli, approfondiamo il numero 239 della Evangelii Gaudium che così recita “La Chiesa proclama «il vangelo della pace» ed è aperta alla collaborazione con tutte le autorità nazionali e internazionali per prendersi cura di questo bene universale tanto grande. Mons. Radaelli è anche membro della Commissione Episcopale CEI per il servizio della Carità e la Salute e Presidente della Caritas Italiana, ed è autore di un libro dal titolo, ”La guerra è una follia – A cento anni dall’inutile strage” in cui viene pubblicato anche l’intervento tenuto da Papa Francesco a Redipuglia nel corso della sua visita al Sacrario italiano e al vicino Cimitero austro-ungarico il 13 settembre 2014.

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IN EVIDENZA

Mons. Redaelli,: “La Chiesa deve essere profezia”

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Evangelii Gaudium, “Il vangelo della pace”

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La Chiesa proclama «il vangelo della pace» (Ef 6,15) ed è aperta alla collaborazione con tutte le autorità nazionali e internazionali per prendersi cura di questo bene universale tanto grande. Nell’annunciare Gesù Cristo, che è la pace in persona (cfr Ef 2,14), la nuova evangelizzazione sprona ogni battezzato ad essere strumento di pacificazione e testimonianza credibile di una vita riconciliata.[187] È tempo di sapere come progettare, in una cultura che privilegi il dialogo come forma d’incontro, la ricerca di consenso e di accordi, senza però separarla dalla preoccupazione per una società giusta, capace di memoria e senza esclusioni. L’autore principale, il soggetto storico di questo processo, è la gente e la sua cultura, non una classe, una frazione, un gruppo, un’élite. Non abbiamo bisogno di un progetto di pochi indirizzato a pochi, o di una minoranza illuminata o testimoniale che si appropri di un sentimento collettivo. Si tratta di un accordo per vivere insieme, di un patto sociale e culturale.

Papa Francesco a Redipuglia: “A me che importa?”

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Sopra l’ingresso di questo cimitero, aleggia il motto beffardo della guerra: “A me che importa?”. Tutte queste persone, che riposano qui, avevano i loro progetti, avevano i loro sogni…, ma le loro vite sono state spezzate. Perché? Perché l’umanità ha detto: “A me che importa?”.
Anche oggi, dopo il secondo fallimento di un’altra guerra mondiale, forse si può parlare di una terza guerra combattuta “a pezzi”, con crimini, massacri, distruzioni…Con quel “A me che importa?” che hanno nel cuore gli affaristi della guerra, forse guadagnano tanto, ma il loro cuore corrotto ha perso la capacità di piangere.
Con cuore di figlio, di fratello, di padre, chiedo a tutti voi e per tutti noi la conversione del cuore: passare da “A me che importa?”, al pianto.

Papa Francesco, “Verso il bene comune”

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La Chiesa osserva con preoccupazione il riemergere, un po’ dovunque nel mondo, di correnti aggressive verso gli stranieri, specie gli immigrati, come pure quel crescente nazionalismo che tralascia il bene comune.

Lo Stato nazionale non può essere considerato come un assoluto, come un’isola rispetto al contesto circostante. Nell’attuale situazione di globalizzazione non solo dell’economia ma anche degli scambi tecnologici e culturali, lo Stato nazionale non è più in grado di procurare da solo il bene comune alle sue popolazioni. Il bene comune è diventato mondiale e le nazioni devono associarsi per il proprio beneficio
Affinché la globalizzazione possa essere di beneficio per tutti, si deve pensare ad attuarne una forma “poliedrica”, sostenendo una sana lotta per il mutuo riconoscimento fra l’identità collettiva di ciascun popolo e nazione e la globalizzazione stessa, secondo il principio che il tutto viene prima delle parti, così da arrivare a uno stato generale di pace e di concordia.

18 Giugno 2019