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Armando Lanza era un insegnante di Lettere, nato in una famiglia contadina, ispirato dalla conoscenza di sacerdoti missionari ad entrare in seminario, tra i comboniani. Poi le contestazioni all’università, un lungo viaggio in America Latina, l’infatuazione per la teologia della Liberazione. Al rientro in Italia è un collega ad instradarlo nella lotta armata. Entra nelle Br, è tra i responsabili del sequestro del generale americano Dozier, come basista. Viene catturato, condannato a 12 anni di carcere, ne sconterà otto, per poi lavorare in una cooperativa, fondare una piccola impresa sociale per aiutare disabili psichici, compreso che la rivoluzione non si fa con le armi, mai. Armando ha raccontato la sua storia in un libro, Le scarpe dimenticate (sottotitolo: acqua santa e Brigate Rosse), dedicato alla figlia, appena ragazzina. Un libro catartico, che cerca di spiegare, senza giustificare mai, come l’ideologia abbia preso il posto della fede, abbia ingabbiato l’intelligenza e spinto al male, senza se e senza ma. Un uomo umile, intelligente e schiacciato dal peso di un marchio infame, quella stella a cinque punte che ha insanguinato il paese, ma che è stato capace di rialzarsi, e riconnettersi al mondo, con la presa di coscienza, il lavoro, una famiglia, la speranza.

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21 Maggio 2018