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Miguel Benasayag, filosofo e psicoanalista nato in Argentina nel 1953, trapiantato da molti anni a Parigi, si occupa con particolare attenzione dei problemi dell’infanzia e dell’adolescenza. Come militante della guerriglia guevarista ha trascorso molti anni nelle carceri argentine durante la dittatura militare, dove è stato a lungo torturato. Di madre francese, fuggita dalla Francia nel 1939 in quanto ebrea, Benasayag beneficiando della doppia cittadinanza franco-argentina della liberazione di prigionieri francesi concessa dalla giunta militare dopo l’uccisione di due religiosi francesi, si trasferisce a Parigi, dove continua la sua attività politica. Nel 1987 si laurea con una tesi in scienze umane cliniche, che trae ispirazione dagli anni trascorsi in carcere come prigioniero politico. Deve al libro scritto insieme a Ghérard Schmit L’epoca delle passioni tristi”(Feltrinelli, 2004) la fama internazionale di studioso e di intellettuale. Illuminante l’ultimo suo saggio, pubblicato in Italia da Vita e pensiero, Funzionare o esistere? Un respiro, per chiunque non consideri la vita un curriculum vitae, si senta a disagio ad essere ridotto a “modello”, neppure individuo, altroché persona. Da chi affida alle fantomatiche bio, nano tecnologie non solo un miglioramento delle necessità umane, ma una nuova antropologia, che ci schiaccia sull’essere prodotti, modificabili, programmabili, validi finché, appunto, funzionano. Un filosofo non credente, tuttavia il miglior esempio di umanesimo cristiano che abbia letto in circolazione.

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30 Giugno 2019