Matthew Lenton e il suo ultimo spettacolo “1984” protagonisti di Retroscena, il programma settimanale sul teatro di Michele Sciancalepore in onda  su Tv2000. Per lo stabile dell’Emilia Romagna il regista ha proposto una lettura avvincente del capolavoro di Orwell come profezia della schiavitù digitale. «Cosa accadrebbe se fossi osservato tutto il tempo? – si interroga Lenton – E se le autorità conoscessero tutti i tuoi pensieri? Quale sarebbe la cosa peggiore che potrebbero scoprire? E se la usassero contro di te?».
La risposta del regista britannico alla dittatura virtuale preconizzata nel profetico racconto di Orwell è drastica: «Bisogna fare l’animale “asocial” senza Facebook, senza Twitter, senza smartphone. Essere presente, camminare nelle strade e parlare con le persone che si incontrano. Uscire da tutto questo sistema virtuale e vivere». Ma è una soluzione fuori dal teatro, nella vita vera, forse una mera utopia. In ogni caso Lenton riesce a creare una assoluta empatia fra palco e platea. Il testo, frutto di un accurato lavoro di enucleazione dei nodi cruciali, viene perfettamente agito da interpreti impeccabili nel tradurre alienazioni, tensioni, terrori e utopiche reazioni.
Subito dopo, in occasione dei 26 anni dalla strage di Capaci nella quale persero la vita Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo e gli agenti della scorta, Retroscena ha seguito “Novantadue. Falcone e Borsellino, 20 anni dopo” di Claudio Fava ovvero «Una moderna tragedia classica. Suo malgrado». A definirla così il regista Marcello Cotugno che racconta anche della forte emozione provata nel rimettere in scena lo spettacolo a pochi giorni dalla sentenza del 20 aprile che ha sancito di fatto l’esistenza della Trattativa Stato-mafia. «Quando si parlava di Trattativa c’era una certa timidezza nel pronunciare questa parola perché c’erano un sacco di delatori, di polemiche. Oggi invece c’è una forte emozione perché questa sentenza proclama una verità, magari parziale, ma che conferma purtroppo che Falcone e Borsellino in qualche modo erano stati abbandonati dallo Stato».
Il testo di Fava, partendo dalla preparazione nel carcere dell’Asinara del maxi processo di Palermo, racconta l’allegria e l’agonia, la voglia di vivere e l’attesa della fine di quelli che erano semplicemente due uomini. A interpretarli Giovanni Moschella (Paolo Borsellino) e Filippo Dini (Giovanni Falcone) il quale rivela di come si sia accostato timidamente a questo ruolo e sottolinea anche il grande potere che il teatro possiede: «Parlare di mafia oggi, in un’epoca molto diversa da quella in cui i fatti raccontati sono avvenuti, attraverso il teatro è un’enorme possibilità, perché ci si ritrova in quella grande verità che è appunto lo scambio tra gli esseri umani». Uno scambio fra anime, cercato anche con l’illuminazione a tratti della platea chiamata a una partecipazione emotiva tra esseri umani che ripercorrono un pezzo di strada comune, già vissuta, o, per i più giovani, derivante dal provare lo stesso sentire.

In conclusione, come sempre, la “sand artist” Gabriella Compagnone con la sua emozionante creazione artistica sulla sabbia, e l’ appuntamento con la rubrica “CheTeatroFa”, la mappa degli appuntamenti e delle “temperature” teatrali più significative della nostra penisola in stile meteo.

18 Maggio 2018