Dopo il Padre Nostro e l’Ave Maria, il Pontefice conclude la trilogia sulla preghiera ‘Io credo’

Roma, 6 marzo 2020. “L’essenziale dell’organizzazione della Chiesa sono i sacramenti e come Gesù li ha dati: il battesimo, che ti fa andare avanti; l’eucaristia, che fa la Chiesa; poi, l’ordine, che fa il sacerdozio e il popolo sacerdotale anche ha un sacerdozio ministeriale: questo è il modo di organizzare la Chiesa. Altri modi di organizzazione non sono ecclesiali. Sarebbero ecclesiastiche, ma non ecclesiali”. Lo afferma Papa Francesco nella quarta puntata del programma ‘Io credo’ in onda su Tv2000 (canale 28 e 157 Sky) lunedì 9 marzo ore 21.05. Terzo appuntamento su Tv2000 di Papa Francesco che conclude la trilogia sulla preghiera con il Credo. Il programma è condotto da don Marco Pozza, per la regia di Andrea Salvadore.
Ospite della quarta puntata lo scrittore Paolo Rumiz. All’interno della puntata anche la storia di Madre Caterina Corona, superiora delle suore benedettine a Norcia.
“Ci sono deformazioni, nella Storia, tante – aggiunge il Papa – ci sono delle deformazioni nel capire o fare l’organizzazione della Chiesa. Possiamo vederlo rileggendo la Storia della Chiesa, vediamo anche gli scandali che sono degli errori dove la Chiesa scivola organizzandosi male. Per me l’esempio più grande di questo è stato quello storico, von Pastor, che ha scritto 36 o 37 volumi sulla Storia della Chiesa. Lui non era cattolico. Era un uomo prestigioso e gli hanno aperto gli archivi vaticani e ha potuto lavorare perfettamente. E alla fine si è convertito al cattolicesimo. Perché ha visto tanti sbagli nella organizzazione, nella vita della Chiesa, non solo sbagli: scandali, peccati brutti che ha detto: ‘È umano. Questo soltanto si capisce se è un’opera divina’. Ci sono delle organizzazioni che noi pensiamo siano cristiane: e non sono cristiane, sono umane come che passano per una mente che crede che il cristianesimo sia così. E no, l’organizzazione cristiana è quella dei sacramenti”.
Papa Francesco parla anche di santità e peccato nella Chiesa: “I primi Padri della Chiesa la chiamavano ‘la casta meretrix’, cioè la vergine prostituta, una vergine peccatrice. Ma come convivono queste cose? ‘La casta meretrix’: santa in se stessa ma madre dei peccatori. Quando vediamo, per esempio, uomini di Chiesa, tra virgolette, come i giornalisti dicono ‘ma un uomo di Chiesa ha fatto questo’, che vivono nella mondanità e anche una mondanità [fatta di ndr] lusso…ma questa è la Chiesa? No, questi sono i peccati della Chiesa”.

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Il Pontefice a Tv2000 spiega infine come sceglie i Paesi in cui andare e come si muove e agisce lo Spirito Santo: “Lo Spirito ti fa capire che quello è il posto. Ma come te lo fa capire? Va prima e incomincia a fare chiasso, a fare rumore lì. E tu ti accorgi che lo Spirito sta lavorando lì. Quando Madre Teresa ha sentito che il Signore la voleva sulla strada, andava a prendere la gente tre ore prima di morire, perché almeno morissero in pace, senza battezzarli – perché mai ha violentato una coscienza – ‘Ma questo è uno scandalo! Ma questa suora perché non va a insegnare? Perché non va in un ospedale? Lasciasse morire quella gente. Ma sono i poveri. Bè, sì, moriranno così’, e lei ha detto: ‘Questo no”. E tu vedi che questo incomincia a muoversi e tocca una coscienza e un’altra e questo cresce … ma è lo Spirito che lavora, lì. E Madre Teresa, dal tabernacolo alla strada, dalla strada al tabernacolo, oggi è Santa e la sua eredità è grande. Ma ha incominciato a lavorare così, perché lo Spirito l’ha portata; questo accade quando si vedono i segnali dello Spirito. Ho avuto un’esperienza bellissima di fede. Bellissima. M’ha detto un monsignore che lavora in Curia che aveva conosciuto un sacerdote francese, quando lui studiava a Parigi, che era del Pime e lavorava nel Nordest della Thailandia, vicino al Myanmar, con gli indigeni del Nord della Thailandia, che era con otto rappresentanti di quella comunità: cristiani nuovi, e che sarebbe stato bello che io li ricevessi. E io li ho ricevuti. Erano sei uomini e due donne, tutti giovani, sposati con figli – 24, 25 anni – abitano in piccoli villaggi senza acqua, prendono l’acqua naturale dei pozzi, senza luce. E il padre mi spiegava che questi, i primi, li aveva battezzati lui e loro erano catechisti adesso, e lui ha battezzato i loro figli – ognuno aveva due o tre figli. Ho detto: ‘Ma come mai questi sono passati dal niente alla fede?’, e il padre: ‘Non so. Io sono andato missionario lì e questo è il frutto’. Dopo 30 anni. Alla fine – abbiamo parlato un po’ con loro, il padre traduceva – ho detto: ‘Preghiamo insieme la Madonna’. Si sono inginocchiati – io non gli avevo detto di inginocchiarsi – con una pietà e guardando la Madonna hanno pregato. Questa è la Chiesa viva. Ma questo padre, chi lo ha inviato? Lo Spirito Santo”.

Rumiz a Tv2000: “Chi crede sta meglio. Della Chiesa cattolica amo il suo farsi pellegrina”
Lo scrittore ospite della quarta puntata del programma ‘Io credo’: “Ero affascinato dalle liturgie delle chiese ortodosse”.

Roma, 6 marzo 2020. “Chi crede sta meglio, non c’è dubbio. Io non credo fortemente, però è tutta la vita che cerco”. Lo afferma lo scrittore Paolo Rumiz nella quarta puntata del programma ‘Io credo’, in onda su Tv2000 (canale 28 e 157 Sky) lunedì 9 marzo ore 21.05, condotto da don Marco Pozza e per la regia di Andrea Salvadore. All’interno della puntata anche la storia di Madre Caterina Corona, superiora delle suore benedettine a Norcia.

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“Da bambino ero attirato dalle religioni primitive – racconta Rumiz a Tv2000 – poi mi sono laureato con una tesi sul protestantesimo anglosassone ai tempi di Elisabetta I, l’epoca di Shakespeare. Poi, vivendo a Trieste e avendo delle chiese ortodosse sotto il naso, i greci e i serbi, ero affascinato dalle loro liturgie. Ho cercato di costruire un mio sistema, che faceva tesoro delle cose sentite intorno. Mi piaceva il rigore protestante, ma mi piaceva anche la bellezza dei canti liturgici ortodossi, che la Chiesa cattolica ha un po’ perduto. Però, della Chiesa cattolica, mi piaceva il suo farsi pellegrina, il suo uscire dalla chiesa”.
“In questo viaggio benedettino – prosegue Rumiz – ho sentito l’antagonismo tra Benedetto e Francesco come un antagonismo tutto sommato costruito. Non esiste. Io, che sono un grande nomade, ho sentito fortemente il fascino del perimetro, il chiostro, questo rettangolo aureo meraviglioso dove tu senti d’essere al centro del mondo. E contemporaneamente mi sono reso conto che questi monaci non sono nati come funghi dai luoghi, ma hanno adottato quel luogo venendo da lontano”.
“Il monastero – conclude Rumiz a Tv2000 – è il terminale di una lunga ricerca nomadica, in cui essi si sono arricchiti della ricerca del mondo. Questa cosa del dentro e del fuori… secondo me sono due aspetti della stessa ricerca”.

6 Marzo 2020