Falci, tini e botti come percussioni scaccia demoni. E’ la tradizione musicale in onore di Sant’Antuono (ovvero Sant’Antonio Abate) che ogni anno il 17 gennaio viene celebrata a Macerata Campania, un tempo un rione dell’antica Capua, in provincia di Caserta. Un mix di religiosità, folklore, tradizioni e partecipazione popolare a cui Tv2000 dedica un documentario dal titoloLibera nos a malo’ realizzato dal giornalista Luigi Ferraiuolo e in onda l’8 giugno 2017 alle ore 22.45 e il 9 giugno alle 19 e presentato stamane al Senato della Repubblica nella Sala Caduti di Nassirya.

Il documentario per l’interesse culturale, storico e artistico sarà presentato all’Unesco per sostenere il cammino di Macerata Campania e ottenere il riconoscimento di patrimonio immateriale dell’umanità per la musica di Sant’Antuono.
Caratteristica la sfilata delle ‘Battuglie di Pastellessa’, ovvero dei ‘Carri di Sant’Antuono’, a forma di barca, su cui suonano i ‘Bottari’, riproponendo l’antica musicalità maceratese dall’omonimo nome di musica a “Sant’Antuono” o ‘Pastellessa’ (derivante da una specialità tipica della cucina povera: la pasta con le castagne lesse). L’originalità legata ai Bottari di Macerata Campania e alla Pastellessa è dovuta alla tipologia di strumenti musicali utilizzati: botti, tini e falci, arnesi di uso contadino che assumono una nuova veste di natura musicale. Un ritmo e un genere che abbraccia diverse culture musicali dalla tarantella alla musica africana fino al ritmo brasiliano dei tamburi caratteristico del carnevale di Salvador de Bahia. Anche se la festa di Sant’Antuono non è una festa carnevalesca, ma tutt’altro.

“Non avendo alcun documento sonoro dell’antichità – ha commentato il presidente del Pontificio Istituto di Musica Sacra, monsignor Vincenzo De Gregorio – è evidente che tutto quello che possediamo è frutto di una deduzione. Il grande fenomeno, come questo di Macerata Campania, è che non c’è stata soluzione di continuità nel tempo per cui queste tradizioni sono state tramandate di generazione in generazione fino ai tempi nostri. Questo rappresenta veramente un unicum ed un grandissimo motivo per considerare questa usanza come un fenomeno culturale di primissima grandezza”.

“Siamo così abituati – ha sottolineato il direttore di Rete di Tv2000, Paolo Ruffini – ad attribuire un valore solo alle cose che possono essere comprate e vendute che abbiamo disimparato il significato vero della parola valore. Che ha più a che fare con l’immateriale che con il materiale. Credo che la televisione abbia fra i tanti il compito di preservare il valore di quel che siamo, di ciò che ci unisce, che ci fa popolo. Il valore della memoria come una cosa viva. Il valore delle tradizioni popolari come un patrimonio inestimabile. Il documentario di Luigi Ferraiuolo fa questo. Crea una magia e la fa racconto”.

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23 Maggio 2017

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