Domenica ore 9.20

Nella vita, arriva sempre il momento del giudizio, dove emergono le responsabilità. Accade anche a scuola, con il tempo dei voti e degli esami. E accade anche a Mosè: dopo il mare, per il popolo degli ebrei che lo stava seguendo c’è da attraversare il deserto, e c’è da gustare fino in fondo il dono della libertà. Che senza responsabilità è una cosa misera, incompleta. Ma ad essere realisti, chi non preferisce la libertà? Tutti desiderano mettere da parte la responsabilità, almeno la propria. In questa maniera però l’uomo finisce per rimanere ancorato in un porto, tenendo la sua barca chiusa, proprio come nella poesia “George Gray” di Edgar Lee Master.
E la parola felicità invece, in tutto questo, che vi dice?
Se non ci sono ragione e responsabilità, l’uomo non è libero. Potremmo persino dire che l’uomo non è uomo. Mentre invece, quella barca che attira così forte il cuore dell’uomo è parte integrante di quel mare da attraversare, che servirà a condurlo verso la piena consapevolezza e maturità.
La libertà è perciò una moneta, che non è data una volta per tutte, ma che si deve spendere. E con quella moneta si possono anche comprare cose sbagliate: è lì, che entra in gioco la responsabilità.
L’essere umano è quindi un essere morale: e non si può parlare di etica con gli animali, o con gli alberi. L’uomo è quello che è, e allo stesso tempo anche quello che ancora non è, e che sarà. È un essere in evoluzione, per questo si può anche rimproverare, oppure spronare. Ed è un cantiere aperto, in trasformazione: “fatti non foste per viver come bruti, ma per seguire virtute e conoscenza”. È per questo che libertà e responsabilità sono inscindibili tra loro, legate da un nodo che non si può sciogliere, e senza il quale tutto diventerebbe terribile. Perché non saremmo più uomini, ma al limite bestie, bruti. Lo stesso senso del gusto, negli uomini, è compreso nei suoi limiti: l’uomo è perciò felice solo se libero e responsabile.

23 Febbraio 2016