La passione di raccontare storie

Giovedì 1 aprile alle 16.00 – PASQUE di Alessandra Buzzetti

Pasque, perché la Terrasanta è l’unico luogo al mondo in cui da secoli si celebrano tutte le Pasque. Quella ebraica, quella cattolica  e quella ortodossa nelle quattro lingue parlate anche al tempo di Gesù.

A un anno dall’inizio della p andemia, non ci saranno folle di pellegrini, ebrei e cristiani, a celebrare la Pasqua a Gerusalemme. Al Muro occidentale, sula Via dolorosa, nella Basilica del Santo Sepolcro. Ciascuna comunità celebrerà la festa più importante  solo con la sua gente.  La pandemia ha cambiato riti e relazioni? Quale è il messaggio in  questa Pasqua dal luogo dove Cristo è morto e risorto?

 Lo raccontano i protagonisti di quattro diverse  comunità, che pregano in 4 lingue diverse:  aramaico, ebraico, greco e latino.

La Pasqua “aramaica”  di Boutros Nimeh, 52 anni, parroco della Chiesa siriaco ortodossa di Betlemme. E’ qui che  vive oggi la maggioranza dei cristiani   di Terrasanta che prega ancora in aramaico, la lingua con cui Gesù parlava alle folle.  Padre Boutros, sposato, con due figli, è diventato sacerdote ortodosso per studiare e tramandare la ricchezza non solo liturgica di questa lingua. Non nasconde le tante difficoltà a cui deve far fronte  la sua comunità,  che, da 2000 anni, custodisce la casa di San Marco, dove, secondo i siriaci ortodossi, Gesù avrebbe celebrato l’ultima cena.

La Pasqua “ebraica” di Ysca Harani, 60 anni, ebrea osservante, insegnante di storia del cristianesimo, impegnata nel dialogo interreligioso,  appassionata educatrice sulle orme del padre che ha fondato il Dipartimento di Scienze religiose comparate dell’Università ebraica di Gerusalemme. Abita col marito (ebreo yemenita) a Tel Aviv, ma il suo racconto della Pasqua ebraica inizia a Gerusalemme. Dal Cenacolo dove Gesù avrebbe  celebrato il suo ultimo seder, la cena ebraica di Pasqua;  ai quartieri ortodossi nei giorni dell’Hag’alat Keilim, la pulizia comunitaria delle pentole nei giorni prima di Pasqua; fino alla casa di famiglia di Yasca, che ha ancora le porte aperte ad amici di ogni credo nelle festività ebraiche.

La Pasqua  ”ortodossa”  di Emmanuel Awwad, 51 anni , parroco grecoortodosso di Aboud, un villaggio dall’antica storia cristiana, in una posizione strategica per quella più recente del conflitto israelo-palestinese. Occupato nel 1967, Aboud è oggi circondato dagli insediamenti dei coloni, terre divenute parte della cosiddetta area C, sotto il controllo civile e militare israeliano. Poco più di 5000 gli abitanti rimasti nel villaggio, metà sono cristiani.  Ortodossi  e latini vivono insieme, celebrano il Natale secondo il calendario cattolico e la Pasqua, secondo il calendario ortodosso (quest’anno sarà il 2 maggio). Una comunità  unita, e tenace, nonostante le mille difficoltà quotidiane,  in cammino verso la Pasqua. Nella chiesetta ortodossa, fondata, secondo la tradizione, dalla Regina Elena nel 332, tre candele ardono tutto l’anno col fuoco santo che arriva, il Sabato Santo, direttamente dalla Basilica del Santo Sepolcro.

La Pasqua “latina” di fra Sinisa Sbrebrenovic, sacrestano francescano della Basilica del Santo Sepolcro a Gerusalemme.   Una Pasqua che conclude un anno non facile per le tre comunità che custodiscono la più importante Chiesa della cristianità. Il coronoavirus si è infiltrato anche lì e ha contagiato due frati, come racconta per la prima volta fra Sinisa, costretti all’ isolamento in ambienti angusti e definiti dalle rigide norme dello status quo. Le telecamere di tv2000 accompagnano fra Sinisa nella vita quotidiana  e in quella liturgica nella Basilica del Santo Sepolcro, dove anche in Quaresima si intona l’Alleluia.

 

24 Marzo 2021