Non si può non sorridere quando si ha davanti Michele La Ginestra, avvocato nel passato, ma attore e regista nel presente, con i suoi modi semplici, scherzosi, e quell’ affabilità come quando si parla con un vecchio e caro amico. Ed è proprio il sorriso, come lui afferma, la comunicazione migliore, quella che porta serenità, “perché è attraverso la risata che ci si abbandona all’ ascolto”. Con questa premessa si comprende come mai sentenze e scartoffie non potevano essere la sua strada, perché quando si ha dentro questa voglia di donare spensieratezza, il teatro diventa la via per regalare un’emozione. I primi passi in televisione nel game show “Beato fra le donne”, poi “Solletico”, “I Cesaroni”, “Colorado”, i film con Pupi Avati, Paolo Genovese e Fausto Brizzi. Per non parlare dell’ultimo “Rugantino” di Pietro Garinei, suo sogno fin da piccolo. L’arte, che da sempre ricerca, si affianca inevitabilmente al sociale dal 1997 con la nascita del Teatro 7, dapprima come luogo alternativo alla strada educando i ragazzi, attraverso il mezzo teatrale, a crescere interiormente e culturalmente, fino ai Laboratori Creativi oggi. E qui Michele, come direttore artistico, fonda “Teatro 7 Solidarietà Onlus” collaborando con i missionari dell’Ordine dei Servi di Maria allo sviluppo della Missione del Cenacolo.

Secondo me bisognerebbe fare un salto in Africa, tornare, cosi si capirebbe che le problematiche che abbiamo qua andrebbero ridimensionate”. Così commenta il suo viaggio in Mozambico attraverso la Onlus da lui fondata, con cui ha adottato una missione in loco, costruendo due scuole e un dormitorio attraverso il ricavato degli spettacoli al Teatro 7.

Perché alla fine è la semplicità che conta: “La semplicità dei bambini è quella che ci insegna a vivere questa vita”. Una semplicità che anche i sacerdoti dovrebbero avere, come il “suo” don Michele, che nella sua purezza divulga messaggi profondi: “Mi piacerebbe far dire al sacerdote quello che tante volte da un pulpito non può dire, perché c’è ancora uno “stile” che devono mantenere. Tante volte con una risata riesci a comunicare anche sentimenti molto profondi. Abbatti delle barriere”.

La risata apre all’ ascolto, un ascolto che oggi dovrebbe essere maggiormente diffuso anche all’interno delle famiglie. Ma oggi la famiglia è una provocazione o una esperienza? “Avendo imparato l’importanza di avere una struttura che ti dà la possibilità di camminare per conto tuo, allora anche io sono stato chiamato a fare questo percorso. La famiglia è la prima forma di aggregazione. È anche importante confrontarsi con gli altri, mai essere succube degli altri ma è importante non bastarsi, devi essere inserito in un contesto più ampio. E l’unione tra due deve essere elemento scardinante di alcune chiusure. Noi dobbiamo essere l’elemento dal quale si parte per aggregare più persone, per poter creare comunità”.

Ma il mondo è adatto ad accogliere una famiglia, dei figli? “Il mondo è bellissimo, il problema è che noi non ci accontentiamo di quello che abbiamo, non godiamo di quello che abbiamo ma aspiriamo sempre a qualcosa di meglio. Dobbiamo crescere e cercare sempre il meglio ma godere di quello che stiamo vivendo. Non è importante quanto sei diventato famoso, ma quanto riesci a fare con quello che hai. Non è importante quanto guadagni ma quanto riesci ad essere contento di quello che hai in questo momento”.

 

18 Gennaio 2018