Matteo fa l’esattore delle tasse in Cafarnao di Galilea. Gesù lo vede, lo chiama. Lui si alza di colpo, lascia tutto e lo segue. Gli evangelisti Luca e Marco lo chiamano anche Levi, che potrebbe essere il suo secondo nome. Ma gli danno il nome di Matteo nella lista dei Dodici scelti da Gesù come suoi inviati: “Apostoli”. E con questo nome egli compare anche negli Atti degli Apostoli.

Pochissimo sappiamo della sua vita. Il suo Vangelo, diversamente dagli altri tre, non è scritto in greco, ma in lingua “ebraica” o “paterna”, secondo gli scrittori antichi. E quasi sicuramente si tratta dell’aramaico, allora parlato in Palestina. Matteo ha voluto innanzitutto parlare a cristiani di origine ebraica. E ad essi è fondamentale presentare gli insegnamenti di Gesù come conferma e compimento della Legge mosaica.

Una curiosità: la “Vocazione di San Matteo” di Caravaggio è il quadro preferito di Papa Francesco, e la chiesa di San Luigi dei Francesi era tappa obbligata per Bergoglio fin da quando da cardinale soggiornava a Roma. Il quadro, ammirato ogni anno da milioni di turisti nella Capitale, racchiude anche il significato del motto scelto dal Papa per il suo pontificato: “Miserando atque eligendo”. 

21 Settembre 2019