Nasce a Dovadola, in provincia di Forlì, l’8 agosto 1936. A tre mesi si ammala di poliomielite: guarisce, ma rimane con una gamba più corta dell’altra. A dispetto delle condizioni di salute, s’iscrive alla facoltà di Fisica dell’Università degli Studi di Milano, ma dopo un mese passa a quella di Medicina. Proprio questi suoi studi le permettono, nel 1957, di riconoscere da sola la natura della malattia che l’aveva intanto resa cieca e progressivamente sorda: neurofibromatosi diffusa o morbo di Recklinghausen. La vicinanza degli amici le permette di uscire a poco a poco dal dolore. Due volte pellegrina a Lourdes, scopre in quel luogo quale sia la propria autentica vocazione: lottare e vivere in maniera serena la malattia. Attorno a lei si radunano amici e sconosciuti, mentre con le sue lettere raggiunge molti cuori. Muore nella sua casa di Sirmione alle 10.40 del 23 gennaio 1964, a ventisette anni, con un «Grazie» come ultima parola. Dal 22 marzo 1969 le sue spoglie mortali riposano nella chiesa della badia di Sant’Andrea a Dovadola. È stata beatificata il 14 settembre 2019 nella cattedrale di Santa Croce a Forlì.

«Io penso che cosa meravigliosa è la vita anche nei suoi aspetti più terribili; e la mia anima è piena di gratitudine e di amore verso Dio per questo»: un inno alla vita pienamente intonato ad una ventenne, sorprendente solo per il fatto che chi lo pronuncia è una ragazza cieca, sorda e totalmente paralizzata da una malattia subdola e devastante che ha risparmiato solo la sua intelligenza, un filo di voce e una mano per mezzo della quale comunicava con il mondo.

23 Gennaio 2020