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“L’errore non è cedere ad azionisti stranieri, ma non avere una politica industriale”. Così spiega a SOUL Giuseppe Zampini, amministratore delegato di Ansaldo Energia, nell’intervista a #Soul. Intervistato da Monica Mondo, Zampini, che è anche presidente di Confindustria Genova, spiega che per dare fiducia e speranza a un sistema economico-produttivo in stallo bisogna “innanzitutto difenderlo”. “E’ uno dei motivi per cui – dice – sono contrario alla cessione di aziende per fare cassa senza tenere conto che la sua vera forza sono le risorse umane”, che, nel caso dell’azienda ligure, sono “oltre 4 mila a Genova e nel mondo”. Con orgoglio, Zampini racconta che “i cinesi hanno acquistato il 40% di Ansaldo Energia, una quota di minoranza, ed è stata la prima volta che hanno accettato di non avere il controllo assoluto”. Il punto di forza dell’Ansaldo Energia, tra le realtà industriali più importanti del paese, è rappresentato – sottolinea – dall’avere nelle nazioni in cui è presente “un approccio molto poco coloniale e molto coinvolgente, ci fidiamo delle risorse umane locali, accettiamo la cultura altrui lavorando per costruire beni e benessere”. “L’etica – ribadisce – è adesione a valori condivisibili su una strada che non danneggia gli altri, la ricerca del bene comune”.
A colloquio per 30 minuti con Tv2000, Zampini racconta di vivere sotto scorta da tre anni, ovvero da quando un gruppo di “terroristi anarchici spararono all’ingegnere Roberto Adinolfi, Ad di Ansaldo Nucleare, un amico che conosco da oltre trent’anni; da allora vivo con qualche vantaggio, come andare sulle corsie preferenziali, ma con molti svantaggi, come la mancanza di libertà. Non provo odio, o paura, rabbia qualche volta sì. Ma io in mezzo ai miei operai sono tranquillo”.
Ingegnere affascinato dall’energia (“è ciò che fa muovere la vita”), il capo degli industriali genovesi parla infine di nucleare: “è una formidabile potenzialità di energia, richiede una grossa richiesta di capitali di investimento, fattore che oggi qualche problema lo crea, e mostra interrogativi seri sull’utilizzazione delle scorie”. “Noi utilizziamo ancora l’8% dell’energia nucleare dalla Francia, dalla Svizzera – osserva -. La concezione del rischio dipende anche dalla solidità dei governi: siamo poco fiduciosi nelle nostre istituzioni, perché le istituzioni hanno dato modo di meritare poca fiducia”.

21 Marzo 2015