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Dacia Maraini è la nostra scrittrice più nota e tradotta all’estero. Romanzi, poesie, opere teatrali, sceneggiature, saggi. Ha vinto tutti i premi letterari che contano, ma soprattutto è stata protagonista di una stagione letteraria irripetibile insieme ai nomi più alti della cultura italiana.
La sua famiglia è toccata dall’arte, amante delle cose belle, con nonni e nonne scultori, cantanti d’opera, scrittori. Il padre, Fosco Maraini, antropologo di fama, scrittore anch’egli, uomo di coraggio e di nobili scelte, per il fermo antifascismo subì con i suoi cari la reclusione in un campo di concentramento giapponese. L’infanzia di Dacia fu così segnata dalla fame, la povertà, la paura, “ma imparai che il razzismo è follia, negazione stessa della scienza: è provato, che il dna non riguarda la razza, ma la persona. E oggi c’è un razzismo di ritorno, che è la paura del diverso.” A Soul, intervistata da Monica Mondo, la Maraini parla delle sue letture “innanzitutto Bergson e a Pinocchio, un libro straordinario, una meravigliosa esaltazione dell’amore paterno. Istinto censurato nella storia, eppure importantissimo, fato di tenerezza, rispetto, rincorsa verso l’altro”.

13 Aprile 2015