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Umile di origine ma nobile d’animo, così si può racchiudere l’esistenza di Adolfo Pèrez Esquivel. Architetto, scultore e combattente per i diritti umani, questo il punto fermo della vita di Esquivel che dopo 25 anni di insegnamento aveva capito che quella vita non faceva più per lui. Dedicarsi al prossimo attraverso opere benefiche, e la collaborazione nei gruppi pacifisti cristiani latinoamericani non era abbastanza, troppo poco, e seguendo gli insegnamenti di Gandhi e Lanza del Vasto studiati e compresi in gioventù, capisce che il suo scopo primario è quello di dedicarsi interamente all’assistenza ai poveri e alla lotta contro le ingiustizie sociali e politiche, attraverso la via della non-violenza. Questo fino al colpo di stato di Jorge Rafael Videla. Siamo in Argentina e l’Hitler della Pampa aveva intrapreso lo sterminio di gran parte della popolazione argentina, ritenuta sovversiva, cui Esquivel rispose contribuendo alla formazione di “El Ejercito de Paz y Justicia” un’associazione di difesa dei diritti umani che si è spesa anche per assistere le famiglie delle vittime del regime. Lui sovversivo lo era, ma nell’aiutare il prossimo, azione che gli costerà il carcere nel 1975. Lo libererà il cardinale Arns, ma in seguito verrà nuovamente condotto in cella, stavolta in Ecuador, e poi ancora tenuto in stato di fermo e torturato per 14 mesi dalla polizia argentina. Ed è proprio nelle ore più buie, in cui l’uomo rischia di smarrirsi, che riceverà il Premio Memoriale della Pace dedicato a Papa Giovanni XXIII e ispirato dalla Pacem in Terris. Nel 1980, invece, il Premio Nobel per la Pace per i suoi sforzi contro la dittatura ed in favore dei diritti umani. Il libro “Caminando junto al Pueblo”, non è solo un resoconto ma una vera testimonianza di quanto bisogna lavorare per superare la grande sfida quotidiana: amare gli uomini, tutti gli uomini.
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20 Novembre 2017