Claudio GentileRoma, 03 giugno 2016 – “Per colpa di persone meschine, mi hanno troncato la carriera perché non abbassavo la testa. Ho detto no quando mi hanno proposto di far giocare ragazzi che io non ritenevo all’altezza dell’Under 21. Questo mi ha messo contro molte società e soprattutto contro la Federazione. Così, dopo aver vinto da allenatore dell’Italia Under 21 l’Europeo e subito dopo la medaglia di bronzo olimpica, sono stato mandato via”. Lo ha detto Claudio Gentile a ‘Sport 2000’, il programma sportivo di Tv2000 condotto da Giampiero Spirito in onda domani sabato 4 giugno alle 18.55.

“Sette miei giocatori – ha aggiunto il campione del mondo con l’Italia nel 1982 – due anni dopo nel 2006 sono diventati campioni del mondo. C’era gente che mi odiava troppo perché non abbassavo la testa. Perché non alleno più? Ricevo molte richieste dall’estero però non capisco perché non posso allenare qua in Italia. Mi hanno fatto terra bruciata intorno, sono uno che non sta al sistema. E quindi ci sono poche società che si prendono la bega di andare contro il potere del calcio. Adesso sono fermo, spero sempre e non voglio cedere”.
“Non voglio mollare – ha ribadito Gentile – non voglio andare ad allenare all’estero dove mi cercano. Perché non posso allenare in Italia? E’ possibile che in questo Paese chi è onesto non trova mai una sistemazione e chi si vende le partite invece sì? Diciamo che questo fa molto pensare”.
“Non posso pensare bene del calcio italiano di oggi – ha sottolineato Gentile – Negli anni ’80 e ’90 tutti gli stranieri da Zico a Maradona venivano nel campionato italiano  per avere la prova di essere dei grandi giocatori. Adesso non vengono più i migliori. La gente è delusa dalle squadre blasonate come Inter, Milan e Roma. L’unica che riesce ancora ad ottenere grandi risultati in Italia è la Juventus e lo farà ancora per molti anni”.
“Le scuole calcio – ha concluso Gentile – sono solo un pretesto per fare business. Il più grande errore è stato quello di aver tolto spazio agli oratori. Perché è lì che si cresceva con il pallone. Si cominciava a giocare all’una e si tornava a casa all’otto di sera. E poi non ci sono tecnici all’altezza per creare ragazzi di un certo potenziale”.

 

3 Giugno 2016