don Giovanni Nicolini

Monica Mondo aggiunge a Soul, il programma di interviste con l’anima di Tv2000, due faccia a faccia interessanti. Sabato protagonista un ingegnere aerospaziale Amalia Ercoli Finzi e domenica Don Giovanni Nicolini. Ecco alcune anticipazioni.

Amalia Ercoli Finzi

È una scienziata, un ingegnere aerospaziale, ed è una mamma. Tante vite in una sola, è questa Amalia Ercoli Finzi, prima donna in Italia a laurearsi al Politecnico di Milano in Ingegneria aerospaziale, lei che fin da piccola era amante di tutto ciò che è nuovo. Un’esistenza dedicata alla conoscenza fin dalla tenera età, una voglia di scoprire come funzionava il mondo, per questo al gioco delle bambole affiancava il meccano e smontava biciclette, anche se poi le avanzava sempre qualche pezzo. Sempre proiettata al futuro, dopo essersi sposata con il fisico Filiberto Finzi, si è fermamente rifiutata di rimanere a casa e di adeguarsi alle convenzioni sociali femminili. Eppure, con quattro figli maschi e una femmina, la prof.ssa Ercoli Finzi non ha mai avuto problemi a portare avanti la sua vita accademica. Vale il detto, al contrario, che “dietro una gran donna c’è sempre un grande uomo”, un uomo che l’ha sempre spronata ad andare avanti e a raggiungere gli obiettivi prefissati, senza mai oscurarla. È attraverso questa miscela di ingredienti che la scienziata ha guidato la missione europea Rosetta sulla cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko, destinata alla perforazione del nucleo e alla raccolta di campioni. Autrice di più di 150 pubblicazioni scientifiche, membro del consiglio tecnico-scientifico dell’ASI, Presidente del comitato per le pari opportunità del Politecnico di Milano, ha un grande sogno che vorrebbe realizzare: vedere l’equipaggio su Marte.

Scienziata, madre, nonna. Si può coniugare tutto nella vita? “La vita è fatta di tutti questi aspetti, è come un grande poliedro con tante facce. Secondo me si può fare tutto con l’organizzazione. Intanto è importante l’entusiasmo, e questa è la mia fortuna, faccio un mestiere che mi piace tantissimo. Ho una famiglia che adoro. Se si mettono insieme queste cose, alla fine ci si riesce benissimo”.

Ma il tempo, dove si trova? E soprattutto, come si fa a preservare il tempo proprio e quello del lavoro, affinché non sembri distaccato? “Bisognerebbe dire i tempi! Ognuno, in particolare le donne, dovrebbero avere tempi per tre vite. La vita professionale che è importante, la vita dei sentimenti e della famiglia che è importantissima, e la vita propria. Salvare tempo per sé stessi per pensare, fare un esame di coscienza, e capire dove si vuole andare. Se si hanno progetti di vita è come avere un faro verso cui la barca sta puntando. Magari si hanno delle deviazioni sulla strada, però c’è il faro che ti guida”.

E questo, rimarca la prof.ssa Finzi, è importantissimo per le donne che vogliono al contempo mantenere il connubio tra femminilità e scienza: “Nella vita capitano sempre delle grandi occasioni, l’importante è saperle cogliere. Tutti hanno delle occasioni. Fare dei piani è limitante, bisogna essere aperti a ciò che la vita offre. E se le donne vogliono eccellere io certi campi, devono avere la coscienza di poterlo fare. Non c’è niente che sia precluso alle donne, forse i lavori più pesanti. Le donne possono farcela, e in questo momento in particolare della società, la nostra intelligenza che è più emotiva che logica è quello che ci vuole. Questo è il nostro tempo, siamo nate nel momento giusto”.

Queste convinzioni derivano dalla sua personale“Regola dei Tre Metalli”, che la prof.ssa così sintetizza: “Le donne hanno una vita complicata, quello che è importante è riuscire a dare il giusto peso alle cose. Per avere successo abbiamo bisogno di salute di ferro, non ci possiamo ammalare. Nervi d’acciaio, la vita è stressante ed è necessario saper reagire bene. Un marito d’oro, che ti incoraggia e ti dice che ce la fai, non che ti chiede se ti manca qualcosa”.

Il successo memorabile è la risposta dallo spazio remoto alle sue intuizioni, la conferma che un pezzettino d’Italia, prezioso come il cristallo di cui era formato , poteva captare informazioni sul passato e sul futuro: resterà nella storia come la Missione Rosetta, e il suo  “trapanino” verrà spedito a 450 milioni di km sul nucleo di una cometa; non senza imprevisti:  “Una volta atterrato gli arpioni non hanno funzionato, quindi ha  fatto un salto andando in giro su tutta la cometa. Temevamo si fosse rotto, invece…Abbiamo avuto 62 ore di tempo per lavorare con una batteria che pur accesa da 10 anni ha funzionato perfettamente. Dopo di che si è spento, silenzio, perché le celle solari che dovevano essere alimentate dal sole, erano in realtà in ombra e non siamo riusciti a lavorare più.  Poi un giorno, d’improvviso, si è risvegliato mandandoci una quantità di dati enorme.  Rosetta è un modello di cooperazione europea, un esempio di come andando d’accordo e avendo un obiettivo preciso si possono fare insieme cose eccezionali”.

 

Don Giovanni Nicolini

Sarebbe potuto diventare un notaio, essendo la sua famiglia di stirpe notarile, eppure c’era qualcosa di più forte che lo attirava e lo chiamava a sé, il Vangelo.   Inizia così il percorso di don Nicolini, dagli studi di filosofia alla Cattolica di Roma a quelli in teologia alla Gregoriana, proprio durante gli anni del Concilio Vaticano II e soprattutto nel periodo del ’68. Fonderà in seguito le Famiglie della Visitazione, comunità monastica legata alla Piccola Famiglia dell’Annunziata di Giuseppe Dossetti, quello stesso Dossetti che gli ha insegnato il rapporto tra la Parola e la storia, tra la Parola e i poveri, tra la Parola e la politica, tra la Parola e la Costituzione italiana. A Bologna, dove ha guidato la parrocchia di Sant’Antonio da Padova alla Dozza e S.Giovanni Battista a Calamosco, è conosciuto come “il prete dei poveri”: i più poveri sono i detenuti del carcere bolognese della Dozza dove è stato cappellano per anni, e dove ha saputo instaurare un dialogo impensabile con uomini dimidiati, distrutti dall’abbrutimento e dalla colpa, ma capace di rinascere in un rapporto. Importantissimo l’impegno a incontrare e cercare occasioni di dialogo soprattutto con i detenuti di fede islamica, coinvolti con l’accompagnamento anche spirituale che i monaci dossettiani si sono presi come vocazione.  e in tempi più recenti è diventato assistente delle Acli Nazionali. Per sua stessa affermazione si sente più monaco che prete, perché il monaco segue i tempi della preghiera…

L’incontro con la Parola avviene in un campo estivo degli scout, quando al ragazzo Giovanni viene chiesto di commentare il Vangelo dei pani e dei pesci: “quella sera mi sono sentito preso per mano. Dal 63 poi ho studiato a Roma, c’erano ancora molte bidonville all’epoca, e questo mondo dei poveri per me è stato determinante, sia i poveri stessi che chi pensava a loro”.

Un’altra tappa importante è stato il periodo del ’68, quando don Giovanni stava completando gli studi a Roma, dove era nell’aria un fervore, la nascita di qualcosa di nuovo, con un’impronta positiva che ha poi determinato profonde lacerazioni. Un periodo che la Chiesa aveva di fatto anticipato: “senza Papa Giovanni non ci sarebbe stato nulla di tutto questo, e ora assistiamo al suo referente più diretto, Papa Francesco. Si capisce che c’è in lui  un’inventiva dello spirito che non si può fermare, perché vissuto con una straordinaria naturalezza”.

Ma perché molti sacerdoti e tanti giovani hanno invece abbandonato la Chiesa durante il periodo del ‘68? “Non so fino a che punto sia stata una responsabilità della Chiesa, o se come molte volte Dio fa nella storia, impone al suo popolo dei passaggi che all’inizio hanno come qualità quello di non essere accettabili o comprensibili: perché  la profezia è più grande della dottrina ed è anche violenta nei confronti della storia”.

Don Nicolini si sofferma poi sul valore del lavoro per i cristiani, essendo oggi assistente spirituale delle Acli: “il lavoro è fondante, oggi non è solo una emergenza politica o sociale, è dentro alla struttura fondamentale della fede. Quel gruppetto di padri costituenti cristiani si sono inventati i primi 12 articoli della Costituzione, e al primo hanno messo il lavoro come base fondamentale della Repubblica: in quei 12 articoli non c’è un termine sacrale. Il lavoro è fondamento assoluto infatti della fede, della fede ebraica prima che cristiana perché Dio è un lavoratore. La missione dell’uomo è dunque il lavoro”.

Tocca impegnarsi perché sia per tutti, missione centrale della politica. Anche se “per un cristiano il primo riferimento politico non può non essere sua moglie, i suoi figli e il lavoro che sta facendo. La politica diventa in qualche modo una dilatazione e comunicazione di quello che è fondamentale: la relazione, la collaborazione.”

9 Marzo 2018