Terza puntata del programma condotto da don Marco Pozza. Stasera alle ore 21.05
Ospiti Cristiana Capotondi e Daniela Manzitti (fece arrestare figlio latitante)

Roma, 30 ottobre 2018. La normalità è “vivere nel popolo e come il popolo. Vivere senza radici in un popolo è anormale, vivere senza collegamento con un popolo storico è anormale, lì nasce un peccato che piace tanto a Satana: il peccato dell’élite”. Lo afferma Papa Francesco, nella terza puntata del programma ‘Ave Maria’, condotto da don Marco Pozza, teologo e cappellano del carcere di Padova, in onda su Tv2000 stasera alle ore 21.05.

“Le élite – prosegue il Papa – non sanno cosa significa vivere in popolo e quando parlo d’élite non parlo di classe sociale, parlo di atteggiamenti dell’anima. Un atteggiamento di élite e un atteggiamento di popolo. Tu puoi essere appartenere a una Chiesa di d’élite o come dice il Concilio la “Lumen Gentium” numero 12, al santo popolo fedele di Dio quella è la Chiesa: il popolo, ma il popolo fedele di Dio. La differenza è che al diavolo piacciono le élite”.
Il programma, nato dalla collaborazione tra il Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede e Tv2000, è strutturato in undici puntate, nel corso delle quali don Marco conversa con il Papa sulla preghiera più conosciuta al mondo e incontra noti personaggi laici del mondo della cultura e dello spettacolo. Ospiti della terza puntata l’attrice Cristiana Capotondi e Daniela Manzitti, la mamma che fece arrestare il figlio latitante.
Maria tra tutte le donne era la benedetta, sottolinea Papa Francesco, “perché è nata senza colpa, senza peccato. È stata l’eletta per essere la madre di Cristo. È stata quella che ha dato carne a Dio e non ti sembra che dare carne a Dio sia una benedizione? Le nostre mamme quando ci hanno concepito e partorito erano benedette, felici perché avevano dato vita a un figlio. Pensa a Maria che concepisce proprio da Dio e dà carne a Dio, una benedizione grande grande, più grande delle nostre mamme”.

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“Ho conosciuto la figura di Maria – ricorda il Papa – attraverso alcune donne della mia famiglia. Mia mamma, le nonne ma una specialmente: la suora che mi ha preparato alla prima comunione, silenziosa, buona. Lei mi ha dato qualcosa, la ricordo sempre come l’insegnante dell’amore alla Madonna. Con questa donna ho avuto un’esperienza molto grande. Ricordo che era il 17 ottobre del 1986, tornai dalla Germania e mi dissero che proprio quel giorno era morta. Sono andato lì, il giorno dopo, mi sono seduto vicino alla bara al mattino presto fino alle tre del pomeriggio, non mi sono mosso di lì, in Chiesa su una panca, pregando e ricordando. Questa forse è la donna che mi ha insegnato più di Maria: si chiamava Dolores”.
“Con mia nonna – aggiunge il Papa a Tv2000 – avevo un legame speciale perché loro i nonni abitavano a 50 metri dalla nostra casa, i nonni paterni e mia mamma ha avuto il secondo figlio 13 mesi dopo di me. La nonna veniva al mattino mi portava da loro e mi riportava a casa verso le quattro del pomeriggio. Passavo tutta la giornata con i nonni. Io potrei dire che la mia lingua madre è il piemontese perché loro parlavano in dialetto. Questa nonna ha avuto tanto influsso nella mia vita”.
Satana odia così tanto Maria, conclude il Papa, “perché ha portato il Salvatore, lei ha portato la rigenerazione al mondo e ha portato Dio, ma Dio fra gli uomini, lei è stata quella che ha fatto gli scalini perché Dio venisse da noi. C’è quell’icona di padre Rupnik la Madonna al centro: la Madonna ha le mani come scalini Gesù scende e in una mano ha la pienezza della legge, il rotolo e nell’altra mano si aggrappa a Maria. Dio ha avuto bisogno di aggrapparsi a una donna per venire da noi. Questa è un‘intuizione molto grande, quella condiscendenza di Dio quella di venire farsi vicino totalmente a noi tramite una donna per questo la odia tanto”.
Dall’ incontro, dalle parole e dalle risposte del Papa a don Marco è stato realizzato anche il libro ‘Ave Maria’ di Papa Francesco edito dalla Rizzoli e dalla Libreria Editrice Vaticana.

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Cristiana Capotondi a Tv2000: “Affascinante l’idea che Maria diventa figlia del suo figlio. Essere la mamma del Cristo è tanta roba”
Ospite della terza puntata del programma ‘Ave Maria’ condotto da don Marco Pozza racconta: “Molestie ? Non c’è vittoria sono due vite che provano dolore: la donna che subisce violenza e l’uomo che dovrà convivere per sempre con una cosa così meschina”
Stasera alle ore 21.05

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Roma, 29 ottobre 2018. “Essere la mamma del Cristo come si dice in Romagna è tanta roba. Mi affascina di Maria l’idea che diventa figlia del suo figlio”. Lo afferma Cristiana Capotondi nella terza puntata del programma ‘Ave Maria’ con Papa Francesco, condotto da don Marco Pozza, teologo e cappellano del carcere di Padova, in onda su Tv2000 stasera alle ore 21.05.
“Deve essere stata molto dolorosa la vita di Maria come mamma – prosegue la Capotondi – se la pensiamo come mamma, se la pensiamo come donna che aveva compreso un quadro divino. Deve essere stata una vita straordinaria, piena, colma di felicità però dato che era queste due cose insieme credo che abbia avuto sia un momento sia l’altro cioè un momento di dolore nel distacco di Gesù bambino, non Gesù neonato, ma quando Gesù da bambino si è allontanato e poi nel vedere morire il proprio figlio. Credo e spero che in quella seconda parte abbia abbracciato l’idea che fosse un disegno divino”.
“Penso che la figura di Maria – aggiunge la Capotondi – sia un simbolo di un certo tipo di femminilità anche in relazione con il mondo maschile se ritorniamo al fiat voluntas tua, quindi tu sei benedetta fra le donne è chiunque acceda alla femminilità così come Maria ci ha indicato è benedetta fra le donne ma non lo è lei in quanto storicamente ha portato il Cristo ma è il modo in cui ti determini donna oggi che determina il fatto che tu sia benedetta, non benedetta fra le donne”.
Da bambina, ricorda la Capotondi, “ero sicuramente un ibrido. Sono sempre stata molto femminile ma dall’altro lato anche molto attratta dalle amicizie maschili. Per esempio il mio primissimo amico era un bambino che si chiamava cristiano ed era un bambino col quale giocavamo con i lego, con i camion con le macchine, i treni, i trenini. Ho avuto questa educazione di rapporto con il maschio, era quasi necessario per me confrontarmi con il mondo maschile. È sempre stato così. Sono sempre stata molto curiosa del mondo maschile, sicuramente una bimba maschiaccio poi si dice no? È un maschiaccio. Io ero un po’ così”.

La Capotondi ai microfoni di Tv2000 affronta anche la questione delle molestie sulle donne: “Se una donna viene molestata non vince la donna su un uomo se poi questa donna riesce ad ottenere giustizia. C’è un dolore e c’è anche una vita addolorata che è quella dell’uomo che deve avere a che fare per tutta la vita con sé stesso, che è stato in grado di fare una cosa così meschina, così violenta, così riprovevole. Sono comunque due vite che provano dolore, non c’è una vittoria. E il desiderio di non mettere l’uomo all’angolo per me è stato determinante nel dire quello che ho detto (‘dentro certe battaglie bisogna stare un filino indietro perché non sempre è necessario trovare un mostro o un capro espiatorio’ ndr) perché mi piace che i generi siano in dialogo costante continuo e che non si faccia di tutta l’erba un fascio”.

 

29 Ottobre 2018