Ospite della settima puntata del programma ‘Ave Maria’ condotto da don Marco Pozza.
La regista: “Papà non voleva che facessi il suo lavoro ma non ci è riuscito”

Roma, 26 novembre 2018. “Papà non voleva che noi facessimo il cinema perché pensava fosse un lavoro precario per una donna. Non c’è riuscito perché l’abbiamo fatto tutte. Voleva che fossimo autonome economicamente e dunque pensava che era un lavoro precario. Poi forse gli dava anche fastidio che fosse il suo stesso lavoro”. Lo racconta Cristina Comencini, figlia del regista Luigi Comencini, nella settima puntata del programma ‘Ave Maria’ con Papa Francesco, condotto da don Marco Pozza, teologo e cappellano del carcere di Padova, in onda su Tv2000 martedì 27 novembre alle ore 21.05.

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La Comencini affronta anche la questione della violenza e le molestie sulle donne: “Forse la soluzione è come poniamo il problema. Non è una cosa nuova, è sempre stato così, ma la cosa meravigliosa è che noi adesso diciamo non ci va più così. Non ci va più bene perché le donne hanno conquistato il lavoro, la dignità del loro lavoro, la dignità della loro persona e del loro corpo, perché noi siamo il nostro corpo”.

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Della storia di Maria, prosegue la Comencini nel dialogo con don Marco Pozza, “mi appartiene la maternità, mi appartiene anche la sua solitudine perché io ho sempre avuto la sensazione che fosse stata sola, anche con l’andata via del figlio. Maria ha passato tutte le esperienze che sono connesse al rischio della maternità che hanno passato tutte le donne che hanno avuto un figlio: hai paura che possa succedergli qualcosa”.
“Con mia madre”, ricorda la Comencini, “avevo un rapporto molto variato. Era il pilastro della famiglia. Quando è morta, Carlo (Calenda ndr), mio figlio, ha fatto un annuncio. Ha detto: ‘In ogni famiglia c’è un sole’. Mamma era sempre al centro di tutta la famiglia non solo del pensiero di papà, anche se questo suo essere sempre al centro poteva essere pesante”.

26 Novembre 2018