E’ un sacerdote eritreo, è stato candidato al Nobel per la pace l’anno scorso, si chiama Mussie, che significa Mosè, e come padre Mosè, che traghetta il suo popolo verso la salvezza e la libertà è invocato da tanti profughi e naufraghi del mare, che hanno segnato il suo numero di telefono sulle braccia, o graffito sui muri lerci delle carceri libiche. E’ arrivato anch’egli in Italia come profugo, nel 1992, quando aveva 16 anni. E ha fatto in Italia tanti mestieri, fino all’incontro con un sacerdote inglese che faceva il lavoro che ha preso in eredità: aiutare chi ha più bisogno, gli ultimi del nostro tempo, i migranti. “ padre Peter mi chiese se potevo aiutarlo come traduttore poiché arrivavano molti eritrei e etiopi. Così è iniziato il mio rapporto con lui che mi ha introdotto in qualche modo alla mia vocazione.” Gli eritrei sono centinaia di migliaia, perché quel paese vive da anni sotto una dittatura che impedisce il pensiero e la vita. la Corea del Nord dell’Africa, spiega Abba Mussie, che ha scritto un libro in questi giorni per Giunti, Padre Mosè, Nel viaggio d ella disperazione il suo numero di telefono è l’ultima speranza.

20 Gennaio 2017

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