58c7f8e36759f459c47e72a8b56e47e0Al dialogo con gli apostoli segue la dipartita di Gesù. Il Risorto viene «elevato in alto» e questo movimento esistenziale è quello che segue all’abbassamento e all’umiliazione della passione e della morte di croce, secondo lo schema che Paolo ci consegna nello splendido elogio che tesse a Cristo nella Lettera ai credenti di Filippi (Fil 2,5-11). Il movimento è accompagnato dalla presenza di un segno squisitamente teofanico: la nube. Essa ricorda il momento della trasfigurazione di Gesù, dell’incontro tra Myriam di Nazaret e il messo celeste, ma anche la nube della divina presenza che precedeva il popolo di Israele durante il suo pellegrinaggio nel deserto. Il salire di Gesù in tal mondo non viene presentato come un viaggio verso le stelle, ma come l’ingresso nel mistero di Dio, che rimanda a un’altra dimensione dell’essere. Non si tratta di uno spazio cosmico, un’area precisa del cielo dove Dio erige il suo trono. L’assunzione di Gesù al cielo è un’espressione umana per dire la sua realtà divina: il suo partecipare cioè pienamente e attivamente alla sovranità di Dio su ogni spazio. In tal modo il Risorto non si trasferisce in un luogo ma, in forza della sua superiorità su ogni ristrettezza e limite spazio-temporale, può essere sempre presente. Il suo andarsene diventa così un venire, come attestano i due messaggeri celesti che interpretano la partenza di Gesù. Questo andarsene inaugura non un tempo di assenza, ma di presenza, come ricorda il termine parousia.

(Dal Sussidio CEI – Pasqua 2017, a cura dell’Ufficio Liturgico Nazionale)

28 Maggio 2017