Siamo arrivati a Pasqua ed è una vera provvidenza che ci siamo arrivati nel momento in cui il braccio verticale del Decalogo (i primi tre comandamenti) si incrocia con il secondo braccio, quello orizzontale (i comandamenti dal quarto al decimo): nella figura di Cristo in croce quel Decalogo trova il pieno compimento. Se i Dieci comandamenti si muovono nelle due direzioni della croce, la croce di Cristo è la sintesi, la realizzazione, nella carne, di quelle Dieci Parole. Nella carne e oltre la carne: Cristo muore, veramente muore come ogni uomo, lui vero uomo, e veramente risorge, il terzo giorno dopo quel venerdì in cui era morto crocifisso. L’inno liturgico del capitolo 15 della prima lettera ai Corinzi di San Paolo, uno dei primi testi neotestamentari, che è rimasto ancora quasi intatto nel Credo che ogni domenica viene recitato dai cristiani a messa (“Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritturee che fu sepolto e che è risorto il terzo giorno secondo le Scritture e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici”) è il cuore del Vangelo, della Buona Notizia, quella buona notizia che da venti secoli i cristiani trasmettono attraverso le generazioni: “A voi infatti ho trasmesso, anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto” scrive l’Apostolo. E la buona notizia è proprio quella della resurrezione di Cristo che redime, riscatta, ogni essere vivente: “Come infatti in Adamo tutti muoiono, così in Cristo tutti riceveranno la vita”. E’ questa la grandezza della Pasqua, la più grande di tutte le feste cristiane, quelle feste che il Signore ci comanda di santificare. Il Dio della Bibbia e del Vangelo, padre di Gesù, è Dio della e per la vita, una vita eterna, piena, buona e felice che vince anche la morte.

 

25 Marzo 2016

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