E passiamo finalmente agli ultimi comandamenti, ne sono rimasti quattro, tra loro collegati: il sesto con il nono, il settimo con il decimo. Essi ci mostrano lo stile di Dio che quando fa il legislatore, nel momento in cui ci dona la sua Legge, la sua parola per una vita buona, rivela uno stile diverso da quello degli uomini.  “Non rubare” infatti per gli uomini non è solo un peccato, ma anche un reato, anche il codice penale proibisce il furto, però vediamo bene che l’uomo può, al massimo, punire chi ha già commesso il furto; l’uomo interviene dopo. Dio invece arriva prima che venga commesso il furto, e non impartisce punizioni; mentre l’uomo punisce qualcosa che è già avvenuto, Dio cerca di prevenirlo interrogandoci sul desiderio e chiedendo non solo di “non rubare” ma anche di “non desiderare la roba altrui”.  Se l’uomo si rivela quindi “conservatore”, perchè non intende cambiare le cose ma al contrario solo ripristinare la situazione precedente, come a voler preservare l’ordine, per mezzo della paura della punizione, Dio invece apre, tende alla trasformazione non alla conservazione, e agisce a livello del cuore, sapendo che se il cuore desidera male, poi il male verrà realizzato. Attenzione però, i comandamenti non sono contrari al desiderio, non ci chiedono di non desiderare, ma di non desiderare in modo errato le cose sbagliate. Non potrebbe essere diversamente: l’uomo è un essere desiderante, è questa la sua scintilla divina, il segno di una discendenza celeste (de-sidera: l’anelito verso le stelle di cui si avverte la mancanza). Allora si comprendono meglio i comandamenti che non parole dette per bloccarci e per impedirci di vivere con libertà o per castrare i desideri dell’uomo, ma sono parole per la vita buona, felice, che lavorano sulla scelta, e ci fanno comprendere cosa è giusto e cosa è sbagliato desiderare.  Anche nella sfera dell’affettività e della sessualità (sesto e nono comandamento) è lo stesso: non dobbiamo vedere i comandamenti come una serie di divieti, dei “no”, perché sono invece dei “sì” alla vita. Dei sì pieni alla vita vera e libera, all’amore puro, nella carne come nello spirito, cioè non contaminato dal peccato. Quando scopriamo che il nostro corpo è anche una fonte di piacere, il rischio è di vivere il rapporto con gli altri in maniera strumentale (ecco il peccato), ma è in questo snodo che entra in gioco una parolina, che diventa la più importante: l’amore. Ma questo è argomento della prossima puntata.

15 Aprile 2016

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