La passione di raccontare storie
Riace 24 Aprile 2017 – Photo: Enrico de Divitiis / www.enricodedivitiis.it

Le città invisibili, seconda stagione sette puntate per altrettanti luoghi nel nostro Paese che raccontano modelli di convivenza possibile, storie di quotidiana e straordinaria accoglienza. In un continuo rimando tra il conosciuto e lo sconosciuto, tra il dicibile e il taciuto, un viaggio in Italia per svelare luoghi, storie e realtà di accoglienza e integrazione possibile. Un mondo sommerso di esperienze in cui qualcuno ha avuto il coraggio di provare a trasformare la paura in opportunità e l’utopia in realtà. Emergono così le città invisibili, nascoste dietro il racconto del visibile che invade le cronache dei tg e dei giornali.

 

30 dicembre – PUNTATA 1

LA CITTA’ DIFFUSA_CADORE

In risposta all’arrivo di richiedenti protezione internazionale sul territorio bellunese, la cooperativa sociale Cadore è passata dall’accoglienza di “viaggiatori” a quella di rifugiati, sperimentando un progetto di ospitalità diffusa che pone particolare attenzione alla formazione e all’inclusione sociale dei propri ospiti.

Grazie all’intuizione di fare rete con la Caritas locale, singoli volontari e il centro scolastico, la cooperativa ha impostato l’attività di accoglienza nell’ottica di offrire alle persone ospitate nuove prospettive di vita, con percorsi volti a “creare lavoro” attraverso progetti di auto-imprenditorialità anche in forma associata.

 

 

6 gennaio – PUNTATA 2

LE CITTA’ CHE CANTA – CERES

Ceres è un paesino di mille abitanti in provincia di Torino. Qui i primi richiedenti asilo arrivano nel marzo del 2014. Aumentano, toccano quota sessanta unità… e i primi interrogativi sul tema, o
“problema” della migrazione cominciano a serpeggiare tra la popolazione locale. La diffidenza, però, non ha soltanto la forza della negazione a priori; essa, a Ceres, ha avuto la capacità di
dissiparsi attraverso pratiche d’inclusione che hanno trasformato il rifiuto in un sentimento di accoglienza, i numeri in persone. «La lingua è una cosa che unisce le persone»: è da questo
assunto che, attraverso un’associazione di volontari, nasce un cortocircuito, ovvero l’idea di unire in un coro che canta solo in dialetto piemontese un gruppo di richiedenti asilo proveniente dalle
più svariate nazioni africane. Il Coro Moro, protagonista di questa puntata de Le città invisibili, è divenuto così negli anni lo strumento tramite il quale abbattere le barriere e le differenze
culturali; un’attività primariamente artistica che si è trasformata in ulteriori modalità d’integrazione ugualmente universali: un brand di sartoria, il Moro Style, e una squadra di calcio a
5 iscritta al campionato Uisp, il Moro Team. Ceres ci mostra come la creazione di una comunità cosmopolita sia possibile: in fondo il Gambia, il Mali, la Nigeria sono lontani soltanto sulla cartina geografica.

 

 

13 gennaio – PUNTATA 3

LA CITTA’ DI FRONTIERA_COMO

Il nostro viaggio tra le città invisibili, le città che accolgono i migranti, questa volta partirà dal Monte dei Poeti, un parco letterario e paesaggistico fra Como e Brunate. Allo scopo di rafforzare il collegamento fra città e monte, qui vedremo realizzarsi un corso sull’arte dei muri a secco promosso dalla parrocchia di Rebbio, dall’associazione Sentiero dei Sogni e dal coordinamento CAS Comaschi. L’iniziativa prevede la partecipazione di trenta migranti provenienti da Gambia, Ghana, Mali e Nigeria e di quindici cittadini interessati a valorizzare una porzione di Como a forte valore agricolo e storico. Insegnare questa particolare tecnica, difatti, oltre a trasferire a quanti saranno coinvolti competenze lavorative basilari, contribuirà al recupero dei paesaggi terrazzati, ormai dissestati e in stato di rovina a seguito dell’abbandono dell’agricoltura nel comasco. Il cuore propulsore di questa particolare sensibilità è il parroco di Rebbio, Don Giusto Della Valle, che grazie all’aiuto di tanti volontari della sua parrocchia e delle zone limitrofe ha aperto le porte della sua casa e dell’oratorio per ospitare uomini, donne, bambini, intere famiglie. “Accogliere con coraggio e senza paure” è da sempre il suo motto e con questo spirito missionario non ha mai esitato a far suo l’invito della Caritas diocesana di dare una mano a ospitare questi profughi e a sollecitare l’intera comunità diocesana a fare altrettanto. Grazie all’impegno del parroco, don Giusto Della Valle, la parrocchia di Rebbio per mesi è stato un rifugio per tanti rifugiati, molti dei quali minorenni, respinti dalla Svizzera o dal centro di accoglienza temporanea di via Regina Teodolinda. Per ognuno di loro l’ultimo rifugio è stato don Giusto che per tante notti è andato addirittura a cercarli, insieme ai volontari dell’oratorio, caricandoli sulla sua auto per impedire che sfiniti si abbandonassero a dormire a lato di una strada. «L’immagine che mi porto nel cuore è di tutte quelle persone, accalcate senza riferimenti, che vivi alla stazione San Giovanni nel luglio dell’anno scorso», ricorda don Giusto. « Credo che l’accoglienza sia una delle cose fondamentali della vita. Si accoglie e si è accolti; mentre si è accolti si è anche accoglienti. L’accoglienza non è tale se non è reciproca.

 

 

20 gennaio – PUNTATA 4

LA CITTA’ DELLA BELLEZZA _LATINA

Un viaggio alla scoperta della bellezza che si cela dietro un manufatto sartoriale. 

A Latina esiste l’ Atelier Acanthus: uno spazio, situato nel cuore della città ,dove si creano prodotti sartoriali realizzati dalle numerose donne migranti e rifugiate politiche accolte in questi anni dalla cooperativa Astrolabio.  I lavori di queste donne sono di alta qualità, un mix perfetto tra il miglior artigianato Made in Italy e tradizioni manifatturiere provenienti da culture lontane. L’idea dell’Atelier non nasce per caso. Molte di queste donne avevano esperienza nel settore, nei propri paesi di origine. Ricamo, tessitura, sartoria, lavori manuali che costituiscono un grosso patrimonio e che possono essere messi a frutto per dare a queste donne una seconda opportunità. Un’opportunità di integrazione e lavoro attraverso un’attività manuale che, in qualche modo, diventa il filo conduttore che unisce le radici con il futuro. Borse di pelle, abiti, parure di asciugamani e lenzuola, creazioni floreali, con un’attenta selezione delle materie prime impiegate. Oltre a questo le ragazze si occupano di piccole riparazioni, della stiratura di abiti e di biancheria. Ogni donna qui può esprimere il proprio talento liberando la creatività e allontanandosi dall’esperienza dura e negativa che ha subito in precedenza”. Il lavoro manuale costituisce un vero e proprio “rifugio” nel quale spaziare con la fantasia e realizzare, attraverso abilità ed originalità, piccole creazioni artigianali.

 

 

27 gennaio – PUNTATA 5

 LA CITTA’ MODELLO – PETTINENGO

La migrazione ci pone di fronte a una domanda-specchio: chi siamo noi? Se abbiamo la volontà di vedere il profugo come un ospite e non come un invasore allora è possibile valicare gli ostacoli dei
tempi difficili che viviamo oggigiorno. Villa Piazzo, sita nel comune di Pettinengo, in Piemonte, e gestita dall’associazione Pacefuturo, è, insieme a Villa Pasini, un esempio di solidarietà e
accoglienza. Qui i richiedenti asilo, tramite laboratori creati appositamente per loro e per persone da reinserire nella società, fanno riaffiorare gli antichi mestieri della provincia biellese. Il lavoro
nei differenti settori produttivi, che vanno dal tessile a quello della ristorazione, fino alla raccolta e all’utilizzo delle erbe spontanee e al recupero dei vecchi sentieri operai, passa attraverso uno
snodo fondamentale: la possibilità di partecipare a un doposcuola d’insegnamento dell’italiano in cui la popolazione locale si mette a disposizione di questi ragazzi. In questa puntata de Le città
invisibili assistiamo a un percorso comunitario d’integrazione a trecentosessanta gradi che punta a donare ai richiedenti asilo dei mestieri di cui poter usufruire, in caso di ritorno, anche nelle loro
terre natie. È ora di non essere più «piantati al colore della pelle».

 

 

10 febbraio – PUNTATA 6

GUSTAMONDO  ROMA

In questo viaggio scopriremo il progetto GUSTAMUNDO che nasce con l’idea di proporre integrazione sociale tramite la cucina. Con la collaborazione di molti centri di accoglienza e di alcune onlus, gustamondo organizza cene multietniche preparate da uomini e donne provenienti dai paesi più disagiati. Sono loro i protagonisti in cucina, vivendo un momento di serenità e aggregazione, dando la possibilità a chi non le conosce di assaggiare specialità di tutto il mondo. Un porto gastronomico dove i migranti possano fermarsi e far conoscere meglio la cultura e i sapori della loro terra. “Abbiamo imparato a volare come gli uccelli, a nuotare come i pesci, ma non abbiamo ancora imparato la semplice arte di vivere insieme come fratelli”. Pasquale l’ideatore e promotore del progetto ha scelto questa frase di Martin Luther King per raccontare questo esperimento riuscito. Pasquale, arriva ai migranti lavorando tramite i centri d’accoglienza, la Caritas, la Comunità di Sant’Egidio. È un’umanità esemplare per forza e dignità quella che si incontra tra le pareti colorate di questo piccolo locale, che ha aperto le sue porte a decine di cuochi provenienti dai luoghi più disagiati del mondo. Tutti i cuochi vengono retribuiti per il loro lavoro, e il resto del ricavato – a parte il necessario per coprire le spese del locale – va in progetti di beneficenza, tra cui la fornitura settimanale di 400 litri d’acqua ai migranti del presidio Baobab Experience.

 

17 febbraio – PUNTATA 7

LA VALLE ACCOGLIENTE _VALCAMONICA

Un viaggio in Val Camonica con l’intento di raccontare un sistema di accoglienza diffusa in un contesto politicamente poco favorevole. In questo documentario conosceremo il sistema operativo proposto dalla cooperativa K-pax che propone un’integrazione graduale al di fuori di un contesto emergenziale attraverso la diffusione delle residenze dei rifugiati in appartamenti che accolgono quattro o cinque persone. Attraverso questo modello i nuovi ospiti riescono a relazionarsi con maggiore facilità con gli abitanti locali, che a loro volta si sentono meno minacciati. Proseguendo il nostro viaggio scopriamo l’Hotel Giardino, l’unico albergo in funzione a Breno, che dopo un processo di riqualificazione e valorizzazione della struttura alberghiera ha consentito di garantire un’occupazione stabile a quattro migranti riconosciuti come titolari di diversi gradi di protezione. L’impatto dell’hotel sull’economia di tutto il territorio camuno è altrettanto significativo grazie all’aumento di presenze turistiche che garantisce e alle realtà locali che valorizza attraverso la promozione di attività artigianali e artistiche. Inoltre grazie alla particolare attenzione posta all’impatto ecologico-ambientale attraverso la ricca offerta di prodotti biologici a km zero, l’hotel ha aottenuto la certificazione Certiquality rilasciata dalla piattaforma EcoWorldHotel

30 Gennaio 2019