Una casa piena di quadri. Centro di Milano e proprio all’angolo, a guardare la piazza, le fioriere con le rose che aveva voluto regalare Franca al comune. Dario Fo me l’ha confidato proprio sulla porta, invitandomi ad andarle a vedere. “Lei andava a potarle, ci metteva il concime…io non sono capace, e fatico a scendere da solo”.

Quanto ho amato e quanto mi ha fatto arrabbiare Dario Fo. Ho amato quel suo Mistero Buffo che allargava la ragione, anche sulla storia ingurgitata senza riflettere e giudicare, e quanto divertiva, quanta intelligente arguzia e quanta stima per quel medioevo che ci avevano sempre e solo detto essere buio e cupo. Quanta voglia di litigare, con le sue intemerate da piazzista, con le sue battaglie che non potevano essere le mie, contro il livore verso la Chiesa che è casa mia e che lui non capiva e non voleva capire nella sua eterna e universale grandezza. Ma incontrarlo vecchio e senza Franca – ferita insanabile al cuore che l’aveva addolcito – è stato un incontro umano bellissimo.

Voleva parlare del papa, sembrava che citasse un coetaneo compagno di battaglia e si faceva domande senza rispondere, lasciando aperte tutte le porte, guardando come perduto per spettare un’indicazione, una via. “Chissà. Che ne sarà, di me, di Franca, che non vedo più. La vita eterna per lei la vorrei eccome. Che ne sarà, di quel che abbiamo amato, lottato, sofferto, goduto, fatto? Di tutti i ricordi, dei volti amici, che ne sarà?” Un uomo è grande se non fugge la vita, e soprattutto non fugge il suo significato, ad ogni sua tappa. Un uomo è grande se sa mettere in dubbio le sue certezze che paiono granitiche e quando sa vedere il varco che spalanca un infinito possibile. Dario Fo ora ha passato il confine. Mi auguro, prego per questo, che possa intravedere Dio, che sempre in fondo ha cercato. Come ogni uomo.

Dario Fo
Dario Fo

Leggi l’intervista di Monica Mondo a Dario Fo durante il programma Soul il 16 gennaio

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13 Ottobre 2016