Nasce la «chef teologia» con La cucina del Risorto

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Il nuovo libro del teologo Cesare Giovanni Pagazzi apre la collana Emi Pane nostro dedicata ai temi di EXPO 2015 (cibo, nutrizione, giustizia, ambiente) in collaborazione con arcidiocesi di Milano e Caritas ambrosiana

Bologna, 23 settembre 2014

Sapeva cucinare (il pesce arrostito per gli apostoli sul lago di Tiberiade); era a conoscenza di ricette segrete (il lievito nella pasta), aveva il tatto sulla quantità di sale per insaporire il cibo; conosceva quali sono i pesci buoni da mangiare e quelli da scartare (la parabola sulla pesca)… Insomma, «i Vangeli regalano un tratto poco conosciuto: con buona probabilità, Gesù sapeva cucinare!».

Ne è convinto Giovanni Cesare Pagazzi, teologo di Lodi, tra le voci più significative e originali del pensiero teologico contemporaneo in Italia. Nel suo nuovo libretto La cucina del Risorto. Gesù cuoco per l’umanità affamata (Editrice Missionaria Italiana, pp. 64, euro 5,00, in libreria da questa settimana), Pagazzi svela i contorni di quella che si può definire «chef teologia», ovvero un pensiero cristiano sul senso del cucinare. «Tra le cose che distinguono gli umani da qualsiasi altra forma vivente, compresa la più evoluta, è il gesto del cucinare – spiega Pagazzi -. Come ogni altro essere vivente, si alimentano procurandosi le sostanze necessarie al proprio fabbisogno, ma a differenze delle piante e degli animali (ed è una differenza sostanziale) cucinano».

E anche Gesù Cristo sapeva cucinare, come testimonia il brano del vangelo di Giovanni, capitolo 21, in cui si narra del pesce arrostito preparato per gli apostoli reduci dalla «pesca miracolosa»: «Gesù non si accontenta di alimentare, di nutrire, e nemmeno di ricevere il cibo, ma cucina, trasforma, con quanto questo umanissimo gesto richiede in attenzione a cose e persone. […] Dal momento che il Figlio è venuto nella carne, egli ha palato e quindi sa cosa significa nutrire gente che ha palato, e un palato diverso per ciascuno. Se ha cucinato, ha posto tradizionale e creativa attenzione a cose, tempi, azioni e persone, ai loro gusti, a ciò che potevano e dovevano mangiare». Del resto, rimarca Pagazzi, spesso si dimentica che una delle auto definizioni più note di Cristo, «io sono il buon pastore», sta a significare proprio un aspetto culinario: pastore è «colui che dà il pasto».

27 Febbraio 2015

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