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Colpevoli di gravi reati contro la disciplina militare, accusati di diserzione e fucilati spesso in modo sommario e senza processo dai loro stessi commilitoni. E’ la tragica vicenda di oltre mille militari italiani uccisi dai loro stessi compagni d’armi durante la Grande Guerra.

In totale, i soldati processati durante la Grande Guerra furono 262.481, a cui si aggiunsero 61.927 civili e 1.119 prigionieri di guerra. Nell’insieme furono processate 325.527 persone. In questa moltitudine di procedimenti, 4.028 si conclusero con la condanna alla pena capitale, di cui 2.967 con gli imputati contumaci e 1.061 al termine di un contraddittorio. Le sentenze eseguite furono 750, ma il numero dei fucilati fu molto di più. Si stima circa altri 350 gli uomini giustiziati attraverso decimazioni o esecuzioni sommarie. Un numero altissimo rispetto a quello dei fucilati negli eserciti degli altri Paesi belligeranti: dalla Francia all’Inghilterra alla Germania. I soldati che indossavano la divisa del Regio Esercito erano giovani afflitti dalla miseria non meno che dall’alfabetismo

La disciplina che regolava l’Esercito italiano è passata alla storia come una delle più repressive tra quelle applicate dagli Stati coinvolti nella prima Guerra mondiale. I motivi di questo non certo lusinghiero primato risiedono in parte in un codice penale militare obsoleto e in parte in una precisa volontà del Comando supremo dell’Esercito italiano.

Il codice penale militare in vigore durante la Grande guerra risaliva al 1869 ed era nella sua sostanza molto simile a quello promulgato dal Re di Sardegna nel 1859, il quale era a sua volta ispirato al precedente codice del 1840. I numerosi tentativi di riforma non erano approdati a nulla e l’Italia affrontò la prima grande guerra moderna con un sistema giudiziario più che antiquato.

La giustizia militare regolava la vita e i comportamenti di tutti gli uomini mobilitati, ma erano sottoposte alla giurisdizione dei tribunali militari anche numerose categorie di cittadini coinvolti nelle attività delle Forze armate (un esempio tra tutti è costituito dagli operai delle fabbriche più importanti) e le numerose province poste all’interno della zona di guerra.

Una proposta di legge e un appello di storici e intellettuali ne chiedono la riabilitazione. Lo stesso Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ha sottolineato che “la memoria di quei mille e più italiani uccisi dai plotoni di esecuzione” durante la Grande Guerra, interpella oggi la nostra coscienza di uomini liberi e il nostro senso di umanità”.

Il Ministro della difesa Roberta Pinotti ha istituito un Comitato tecnico-scientifico per promuovere e coordinare iniziative di studio e ricerca sull’operato della giustizia militare durante la Grande Guerra. Sussistono però ragioni di carattere giuridico, storico e morale a sostegno di un auspicabile provvedimento di riabilitazione che abbia la forza della legge.

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6 Maggio 2015

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