Lunedì-sabato: 8.30, 12, 14.55, 18.30 e 20.30. Domenica: 18.30 e 20.30
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Servire, accompagnare e difendere. Papa Francesco non ha dubbi quando, il 10 settembre scorso, visita il Centro Astalli, la ‘casa’ per i rifugiati, istituita 30 anni fa, dall’ordine dei gesuiti a Roma. ‘Non dobbiamo avere paura delle differenze’ ricorda e mentre era in corso il servizio di mensa per i frequentatori del centro ha ascoltato e conosciuto le loro storie. Pronunciando parole che hanno fatto il giro del mondo: “I conventi vuoti non sono nostri” e aggiunge bisogna aprirsi “con generosità e coraggio all’accoglienza” proprio all’interno dei conventi vuoti. “Facciamo tanto, sottolinea il Papa forse siamo chiamati a fare di più”. E così, germogliando in questi mesi, è proprio nella Diocesi del Papa, che si spalancano le prime porte all’accoglienza. Nella casa generalizia delle Suore della Carità di Santa Giovanna Antida Touret, nel cuore della Capitale, una foresteria è diventata ora una vera e propria dimora. Due camere singole, una doppia per una mamma, un salone ed una cucina. Per ò’ordine, vicino da sempre ai bisognosi in 27 paesi del mondo, e che ha scelto un quarto voto, il servizio ai poveri, le parole di papa Francesco hanno fatto maturare la volontà di esprimere un segno concreto anche qui. Il capitolo generale, all’unanimità ha deciso e dopo i lavori di ristrutturazione appena conclusi, 65 suore si apprestano ad accogliere e a convivere con le prime donne rifugiate, in un periodo di accompagnamento prima della completa autonomia. Ci spostiamo nella sede provinciale delle Suore di San Giuseppe di Chambery, qui durante la seconda guerra mondiale, per volere di Pio XII, il convento aprì le sue porte per nascondere gli ebrei dalla furia delle persecuzione. Oggi, nella stessa struttura fondata nel 1936, invece, sono due ragazzi rifugiati di origine ganese ad aver trovato una nuova casa. Qui, vive Lemin. Ha quasi 19 anni ma dal Gambia è arrivato ancora minorenne. Ha appena finito il suo turno. Lavora di notte e ci tiene a raccontarci quanto ha imparato nel suo lavoro in un forno vicino. Arrivato in Grecia, il suo sogno d’Italia ha la soffocante dimensione del camion che in un viaggio durato tre giorni consecutivi, lo ha condotto qui nascosto assieme ad altre quattro persone. Oggi la sua vita è diversa. Ma ha capito che, dopo un mestiere, deve adesso imparare a vivere. Per papa Francesco, servire significa chinarsi verso gli altri senza calcoli nè timore ma con tenerezza e comprensione. E così, nella sede provinciale per l’Italia, c’è stato un benvenuto speciale. Ogni lunedì, una consorella si dedica come infermiera volontaria al centro Astalli che svolge la prima accoglienza, ogni anno per 16mila migranti nei suoi centri di Vicenza, Trento, Catania e Palermo, e per 21mila soltanto a Roma. Mentre le parole di papa Francesco per conventi vuoti che si aprano all’accoglienza dei rifugiati diventano concreta speranza. Nonostante le difficoltà anche all’interno della Chiesa Con una domanda che interroga oggi la comunità intera sul coraggio dell’accoglienza.

16 Giugno 2014

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