La volta scorsa c’eravamo lasciati con una domanda particolare, molto importante: e se la fede fosse soltanto un sogno? La filosofia a volte sembra dirci questo. Non è facile dare una risposta netta, ma possiamo però porcene un’altra, di  domanda: c’è concretezza nella filosofia? Feuerbach, uno dei maestri da cui trasse insegnamento Marx, il padre del pensiero materialista, intorno all’800 iniziò a sostenere che non è Dio che ha creato l’uomo, ma viceversa, che è stato l’uomo a creare Dio. Sono definiti per questo grandi maestri del sospetto, assieme a Nietzsche, o Freud. Sarebbe questo il mistero della fede? Cioè, ci basta credere per far sì che il contenuto della nostra fede corrisponda a verità? E per l’uomo che non ha fede, cosa cambia? È sufficiente vivere una vita retta? La fede è stata creata dall’uomo, dice Feuerbach. Ma le fedi sono tante, e diverse tra loro. E per quelli che allora credono ciecamente in una squadra sportiva, oppure nel denaro, cosa cambia? A tali quesiti, molte risposte possiamo trovarle nei testi sacri. Se leggiamo la Bibbia, capiremo che l’umanità non è suddivisa tra credenti e non, ma tra credenti e idolatri: se non si crede in Dio, è l’uomo stesso che finirà per progettarsene uno a suo arbitrio.  La religione cristiana è diversa da tutte le altre perché c’è stato un fatto speciale, che è l’incarnazione: Dio è entrato nella Storia, è diventato uno di noi. Le elucubrazioni mentali dei filosofi vanno perciò contro una pratica concreta, che è quella della fede cristiana, protrattasi per millenni in tutto il mondo. Ma le domande che ci si pone sono giuste, perché ogni credente vive il dubbio, e la fede non lo cancella, ma al contrario lo rischiara. Una persona senza dubbi è infatti più fragile, anche se ci pare granitica. I ragazzi in classe questa volta sono davvero colmi di domande. Ma queste poi, ce le si pone soltanto in classe, una volta a settimana, oppure incidono, riaffiorano, pesano durante lo svolgimento delle nostre vite?

29 Gennaio 2016

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