Santa Maria in Vallicella - Mauro Monti

Il 26 maggio del 1595 moriva a Roma uno dei Santi più amati, un fiorentino di nascita che passò 60 anni della sua vita nella città dei papi, tanto da meritare l’appellativo di “Apostolo di Roma”: San Filippo Neri.

Filippo giunse a Roma nel 1534 come pellegrino, desideroso di vivere una vita contemplativa da laico, frequentando chiese solitarie e catacombe. A questo univa un’attività di apostolato nelle strade, negli Ospedali e nelle confraternite. E proprio in una di queste (la confraternita della Trinità dei Pellegrini), incontrò colui che divenne il suo confessore, P. Persiano Rosa, iniziando quel cammino vocazionale che lo portò ad essere ordinato sacerdote all’età di trentasei anni, il 23 maggio del 1551, nella chiesa parrocchiale di S. Tommaso in Parione.

Il suo principale ministero divenne l’esercizio del confessionale e in poco tempo radunò intorno a se numerosi discepoli, attirati dalla sua azione pastorale. Nacque così, senza un progetto preordinato, la “Congregazione dell’Oratorio”.

Nel 1575 Papa Gregorio XIII affidò a Filippo e ai suoi preti la piccola e fatiscente chiesa di S. Maria in Vallicella che venne completamente ricostruita e nella quale il santo trascorse gli ultimi dodici anni della sua vita. Si spense nelle prime ore del 26 maggio 1595, all’età di ottant’anni, amato dai suoi e da tutta Roma.

“Apostolo di Roma” lo definirono immediatamente i Pontefici ed il popolo Romano, attribuendogli il titolo riservato a Pietro e Paolo. San Giovanni Paolo II lo citò esplicitamente, unico tra i santi, nella Bolla di indizione del Grande Giubileo del 2000.

San Filippo Neri era l’uomo dei contrasti e nel suo messaggio per il quinto centenario della nascita, il 26 maggio 2015, Papa Francesco ne sottolinea proprio questa caratteristica : “innamorato dell’orazione intima e solitaria, egli insegnava nell’Oratorio a pregare in fraterna comunione; fortemente ascetico nella sua penitenza anche corporale, proponeva l’impegno della mortificazione interiore improntata alla gioia e alla serenità del gioco; appassionato annunciatore della Parola di Dio, fu predicatore tanto parco di parole da ridursi a poche frasi quando lo coglieva la commozione. Questo è stato il segreto che fece di lui un autentico padre e maestro delle anime. La sua paternità spirituale traspare da tutto il suo agire, caratterizzato dalla fiducia nelle persone, dal rifuggire dai toni foschi ed accigliati, dallo spirito di festosità e di gioia, dalla convinzione che la grazia non sopprime la natura ma la sana, la irrobustisce e la perfeziona”.

Francesco nello stesso messaggio indica in San Filippo Neri “un luminoso modello della missione permanente della Chiesa nel mondo. La prospettiva del suo approccio al prossimo, per testimoniare a tutti l’amore e la misericordia del Signore, può costituire un valido esempio per vescovi, sacerdoti, persone consacrate e fedeli laici”.

La Chiesa dunque che ammiriamo oggi su Corso Vittorio Emanuele nacque sulle macerie di tre chiese appositamente demolite, una delle quali si chiamava proprio Santa Maria in Vallicella, appellativo che faceva riferimento ad una leggera depressione naturale nella pianura del Campo Marzio.

L’incarico della costruzione del nuovo tempio fu affidato all’architetto Matteo di Città di Castello e subito, nello scavare le fondamenta, venne ritrovato un lungo muro antico (paries), sul quale venne poi poggiato tutto il fianco sinistro della nuova chiesa. Da questa grande parete (parietone) prese il nome l’intero Rione: Parione.

La prima Messa nel nuovo edificio, con navata unica e quattro cappelle per lato, ancora coperto da un tetto in legno, fu celebrata nel 1577.

Nel 1586 i lavori passarono a Martino Longhi il vecchio, architetto di fiducia del maggiore finanziatore dei lavori, il cardinale Pier Donato Cesi. L’abside a pianta semicircolare, il transetto e la cupola, furono inaugurati nel 1591.

Tra il 1594 e il 1617, l’originaria pianta a navata unica fu modificata per mezzo dello sfondamento delle cappelle laterali, che vennero arretrate in modo da lasciare spazio per due strette navate laterali. Si aggiunsero inoltre altre due cappelle, una per lato.

I lavori della facciata iniziarono nel 1594 su progetto di Fausto Rughesi e si conclusero nel 1605, mentre la scalinata antistante fu completata nel 1614. La cupola fu modificata nel 1650 da Pietro da Cortona, che vi aggiunse una lanterna sormontata da un cupolino per migliorare l’illuminazione dell’interno; nel 1666 fu aggiunto il campanile.

Nella chiesa viene conservata un’immagine miracolosa della Madonna: si tratta di un affresco trecentesco che nel 1535, colpito con un sasso, sanguinò, diventando così oggetto di culto. Nel 1574 l’affresco fu staccato e affidato al rettore della chiesa della Vallicella e conservato nella sacrestia. Nel 1608 fu collocato sull’altare maggiore, all’interno di una pala in lavagna, dipinta da Rubens. A copertura venne posta una lastra di rame, ugualmente dipinta da Rubens con una “Madonna e Bambino benedicente”, che può essere sollevata, mediante un sistema di corde e pulegge, per svelare l’immagine miracolosa sottostante.

Alle pareti laterali del presbiterio si trovano altri due dipinti di Rubens, realizzati ancora su lastre di ardesia, che rappresentano i “Santi Gregorio Magno, Papia e Mauro” (sulla parete sinistra) e i “Santi Flavia Domitilla, Nereo e Achilleo” (sulla parete destra).

La volta, la cupola e l’abside, lasciati inizialmente solo imbiancati per volere dello stesso San Filippo Neri, furono successivamente affrescati da Pietro da Cortona tra il 1647 e il 1666.

Sulla volta l’affresco raffigura la “Madonna e san Filippo Neri” e si riferisce al celebre episodio della visione avuta dal santo nel 1576 nel corso della costruzione della chiesa: a San Filippo apparve la Madonna che sorreggeva una trave pericolante sopra la cappella nella quale erano conservati, durante i lavori, il Santissimo Sacramento e l’immagine miracolosa della “Madonna Vallicelliana”.

A sinistra del presbiterio, preceduta da un vestibolo a pianta ovale, c’è la cappella di San Filippo Neri, costruita tra il 1600 e il 1606 a spese di Neri Del Nero, parente del santo, su progetto di Onorio Longhi, e ornata di marmi e pietre preziose. La cupola con lanterna al di sopra dell’altare è opera di Pietro da Cortona. Sulle pareti e sulla volta sono inserite tele del Pomarancio raffiguranti scene della vita del santo. Sull’altare dove originariamente venne posta la pala di Guido Reni raffigurante San Filippo Neri e la Madonna della Vallicella, poi spostata nelle stanze del convento, è presente un mosaico con il medesimo soggetto. L’altare è costituito da un’urna di cristallo che ospita il corpo del santo, con maschera d’argento. Uno dei muri della cappella è quello della stanza dove il santo morì, l’unico risparmiato dal fuoco che la girandola di Castel Sant’Angelo vi appiccò il 28 maggio 1620 e dal piccone che abbatté la vecchia casa dei filippini per costruire la nuova.

Annesso alla chiesa è l’Oratorio dei Filippini, realizzato tra il 1637 e il 1667 dal Borromini. La leggera concavità delle ali esprime la cordialità dell’abbraccio filippino e ben si innesta nella vicina facciata della chiesa.

Tutto il complesso si affacciava su una piccola piazza chiusa, oggi scomparsa in seguito all’apertura di Corso Vittorio Emanuele nel 1885. Nell’attuale slargo sono collocati un monumento a Pietro Metastasio e la fontana della Terrina, qui spostata da Campo de’ Fiori.

Mauro Monti

 


La storia del miracolo di San Filippo Neri a Palazzo Massimo alle Colonne: http://www.tv2000.it/blog/2016/03/15/palazzo-massimo-alle-colonne-e-il-miracolo-di-s-filippo-neri/

Prosegui il viaggio con il Pellegrino, qui tutti gli altri itinerari: www.tv2000.it/diariodiunpellegrino

26 Maggio 2016

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