L’omelia di Papa Francesco durante la messa al Santuario di San Giovanni Paolo II è incentrata sul passo del Vangelo di Giovanni (Gv 20,19-31). Il pontefice riflette su un luogoun discepolo e un libro.

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“Il luogo – ha sottolineato Papa Francesco – è quello dove si trovavano i discepoli la sera di Pasqua: di esso si dice solo che le sue porte erano chiuse. Otto giorni dopo, i discepoli si trovavano ancora in quella casa, e le porte erano ancora chiuse. Gesù vi entra, si pone in mezzo e porta la sua pace, lo Spirito Santo e il perdono dei peccati: in una parola, la misericordia di Dio. Dentro questo luogo chiuso risuona forte l’invito che Gesù rivolge ai suoi: «Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi»”

Nel Vangelo odierno, in secondo luogo, “emerge la figura dell’unico discepolo nominato, Tommaso – ha proseguito il pontefice -. Nel suo dubbio e nella sua ansia di voler capire, questo discepolo, anche piuttosto ostinato, un po’ ci assomiglia e ci risulta anche simpatico. Senza saperlo, egli ci fa un grande regalo: ci porta più vicino a Dio, perché Dio non si nasconde a chi lo cerca. Gesù gli mostra le sue piaghe gloriose, gli fa toccare con mano l’infinita tenerezza di Dio, i segni vivi di quanto ha patito per amore degli uomini”.

Infine, un libro: il Vangelo, nel quale, aggiunge Papa Francesco “non sono stati scritti i molti altri segni compiuti da Gesù. Dopo il grande segno della sua misericordia, potremmo intendere, non è stato più necessario aggiungere altro. C’è però ancora una sfida, c’è spazio per i segni compiuti da noi, che abbiamo ricevuto lo Spirito dell’amore e siamo chiamati a diffondere la misericordia. Si potrebbe dire che il Vangelo, libro vivente della misericordia di Dio, che va letto e riletto continuamente, ha ancora delle pagine bianche in fondo: rimane un libro aperto, che siamo chiamati a scrivere con lo stesso stile, compiendo cioè opere di misericordia”.

30 Luglio 2016

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