Papa Francesco intorno alle 8 è atterrato a Nomadelfia, la comunità cattolica fondata da Don Zeno, alle porte di Grosseto. Ad accoglierlo Mons. Rodolfo Cetoloni, Vescovo di Grosseto, don Ferdinando Neri, e Francesco Matterazzo, Presidente della Comunità.

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Nel cimitero di Nomadelfia, il Santo Padre si ferma in preghiera sulla tomba della prima mamma di vocazione, Irene Bertoni, e su quella di Don Zeno Saltini. Nel silenzio della preghiera risuonano le ultime parole di don Zeno, il suo testamento spirituale. Il Papa posa sulla tomba un sasso con la sua firma.

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Il momento di festa nel quale si è fatta memoria di alcuni episodi della vita di don Zeno attraverso una rappresentazione che ha coinvolto tutti i figli della comunità di Nomadelfia:

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“Sono venuto qui tra voi nel ricordo di Don Zeno Saltini e per esprimere il mio incoraggiamento alla vostra comunità da lui fondata”: così inizia il discorso di Papa Francesco alla comunità di Nomadelfia. “Di fronte alle sofferenze di bambini orfani o segnati dal disagio – ha detto il Papa – Don Zeno comprese che l’unico linguaggio che essi comprendevano era quello dell’amore. Pertanto, seppe individuare una peculiare forma di società dove non c’è spazio per l’isolamento o la solitudine, ma vige il principio della collaborazione tra diverse famiglie, dove i membri si riconoscono fratelli nella fede. Così a Nomadelfia, in risposta a una speciale vocazione del Signore, si stabiliscono legami ben più solidi di quelli della parentela. Viene attuata una consanguineità con Gesù, propria di chi è rinato dall’acqua e dallo Spirito Santo e secondo le parole del divino Maestro: «Chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre» (Mc 3,35). Questo speciale vincolo di consanguineità e di familiarità, è manifestato anche dai rapporti reciproci tra le persone: tutti si chiamano per nome, mai con il cognome, e nei rapporti quotidiani si usa il confidenziale “tu”.

Ecco il suo discorso:

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10 Maggio 2018

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