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Zina Salim Hassam ha 21 anni ed è una fotogiornalista yazida di Sinjar. Ora vive nel campo profughi di Khankhe, a Duhok, nel nord dell’Iraq, nel Kurdistan iracheno. Ha cominciato a lavorare come fotografa dopo l’attacco dell’Isis alla sua gente, dopo il genocidio degli yazidi e oggi è a Roma con una mostra al Maxxi, dove espone con altre cinque “colleghe” le loro foto. Nell’agosto del 2014, insieme ad oltre 400 mila componenti della comunità yazida, le giovani donne sono state costrette ad abbandonare le loro case. Per i primi 8 mesi nel campo, erano senza speranza, poi sono state selezionate per un progetto promosso dall’UNICEF, in collaborazione con i partner locali del Research and Development Organization, e finanziato dal Ministero Affari Esteri e della Cooperazione italiano. Obiettivo: dotare un selezionato gruppo di giovani, vittime di guerra e sopravvissute ad atti di violenza di genere, di uno strumento espressivo e di un approccio al mondo del lavoro. La mostra al Maxxi è stata promossa dal ministero della Difesa. Le giovani donne, scrive il ministro Roberta Pinotti, nella brochure  della mostra, “si sono trasformate da vittime di un destino tragico in attente osservatrici di un mondo a sé stante”.
L’intervista è stata curata dall’Ansa, che ha accolto le sei fotografe yazide nella sua redazione romana.

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27 Gennaio 2017