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Il 16 ottobre 1978 l’elezione del cardinale polacco Karol Wojtyla. Una notizia a sorpresa per cronisti, esperti di comunicazione, sociologi e storici, ma anche per le cancellerie diplomatiche di tutto il mondo, a partire da quella dell’Unione Sovietica. Il giorno dell’elezione dell’arcivescovo di Cracovia il mondo è diviso in due blocchi contrapposti. Da una parte i Paesi aderenti alla Nato, dall’altra quelli aderenti al Patto di Varsavia.  Un pontificato, quello di Giovanni Paolo II, che con i suoi 249 viaggi compiuti in Italia e all’estero è fatto di pellegrinaggi, visite pastorali e apostoliche registrando oltre 1.500 incontri di vario genere.

Giovanni Paolo II è il pontefice polacco che ha guidato la Chiesa durante il periodo della Guerra fredda e del crollo del muro di Berlino nel 1989. E’ il Papa del perdono nei confronti di Ali Agca, che attentò alla sua vita il 13 maggio del 1981 , ma anche del dialogo ecumenico ed interreligioso con gli incontri di Assisi.

«Fin dall’elezione a vescovo di Roma, ricevendo in udienza i giornalisti di ritorno dal suo 100° viaggio apostolico ha detto:«E’ risuonato nel mio intimo con particolare intensità ed urgenza il comando di Gesù: Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura. Mi sono sentito quindi in dovere di imitare l’apostolo Pietro che andava a far visita a tutti per confermare e consolidare la vitalità  della Chiesa nella fedeltà alla Parola e nel servizio della verità; per dire a tutti che Dio li ama, che la Chiesa li ama, che il Papa li ama; e per  ricevere da essi l’incoraggiamento e l’esempio della loro bontà, della loro fede».

Un Papa che non ha mai fatto mancare a nessuno la sua presenza e la sua vicinanza invitando “ad aprire”, anzi, “a spalancare le porte a Cristo”.

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Giovanni Paolo II è il Papa delle Gmg, le Giornate mondiali della Gioventù «nate dal desiderio di offrire ai giovani significativi “momenti di sosta” nel costante pellegrinaggio della fede», è stato lui stesso pellegrino tra i giovani. Ma è solo nel 2000, al termine dell’Anno Santo che ha affidato ai suoi giovani il segno stesso di quel Giubileo: la Croce di Cristo. «Portatela nel mondo – gli disse – come segno dell’amore del Signore Gesù per l’umanità ed annunciate a tutti che solo in Cristo morto e risorto c’è salvezza e redenzione». Da allora la Croce ha viaggiato attraverso i continenti. I giovani di tutto il mondo che continuano ad essere periodicamente chiamati a farsi pellegrini per le strade del mondo. In sintonia con la lezione del pellegrinaggio cristiano, costruttori di ponti di fraternità e di speranza tra i continenti, i popoli e le culture. Ma c’è un altro storico pellegrinaggio compiuto dal Papa pellegrino: quello in Terra Santa (il 91° fuori dai confini d’Italia), iniziato al Monte Nebo in Giordania dove, secondo la tradizione, si trova la tomba di Mosé, il profeta che ha guidato il popolo di Israele fuori dall’Egitto.  Giovanni Paolo II ha sostato in preghiera nel punto esatto da cui Mosé contemplò la terra promessa, che però non raggiunse. Sul Monte Nebo il pontefice ha guardato in direzione di Gerusalemme, la città santa delle tre religioni monoteiste. Ha pregato per tutti i popoli che abitano la Terra promessa: ebrei, musulmani e cristiani invocando il dono della vera pace, della giustizia e della fraternità.
Wojtyla è stato guidato nella sua visita sul Monte da un frate francescano.

Vincenzo Grienti

 

16 Ottobre 2017