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Il racconto inedito di Nereo Bianchi, uno dei testimoni oculari dell’abbattimento dell’aereo di Italo Balbo in Libia nel giugno 1940. Dal suo diario mai pubblicato, la memoria di un fatto storico cui giornalisti e scrittori hanno dedicato fiumi di inchiostro. Vincenzo Grienti ha recuperato le pagine ingiallite dei suoi ricordi.

Un giornalista, un italiano innamorato del suo Paese e soldato chiamato alle armi come ufficiale di complemento nel Regio Esercito. Una storia, quella di Nereo Bianchi, dentro la più grande e drammatica storia della Seconda guerra mondiale. Cronista e corrispondente da Fiume del quotidiano “La Stampa” dal 1940 al 1943 fu sottotenente in Libia. Tre anni vissuti nei luoghi in cui si consumarono le tragedie dell’Italia precipitata nel baratro del fascismo. E nella folle campagna d’Africa sostenuta dalla propaganda del tempo.
Attraverso i suoi diari recuperati grazie alla figlia Maria Grazia Bianchi e alla nipote Chiara Landi si può rileggere il racconto dell’abbattimento dell’aereo di Italo Balbo. All’epoca Governatore di Libia dopo lo straordinario successo della trasvolata atlantica con 24 idrovolanti da Roma a Chicago precipitò a Tobruk a causa del fuoco amico.
Nereo Bianchi, appartenente al 22° Autoreparto, descrive quegli attimi. Racconta di essere andato al cimitero di Tobruk a prendere la bara dopo lo schianto del velivolo. Eseguì l’ordine di andare a recuperare il simulacro dove deporre i resti di Balbo. Poi la storia fece il suo corso. Gli inglesi ebbero la meglio sugli italiani. Iniziò la prigionia in India. Infine la liberazione il 14 agosto 1946, il ritorno a casa e l’impiego come dirigente nell’Agip di Enrico Mattei.

17 Dicembre 2015