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Un Dio onnipresente nella vita terrena, il cui zampino è visibile negli avvenimenti quotidiani. Con “Un Dio curioso”, un libro nato dalla raccolta di articoli scritti per l’«Osservatore Romano», Padre Alberto Fabio Ambrosio, padre domenicano e professore di Teologia e Storia delle religioni alla Luxembourg School of Religion & Society (LSRS), propone una visione di spiritualità incarnata nel mondo, a partire dalla propria esperienza di vita tra Oriente e Occidente, ed in particolare tra la Turchia e la Francia.

Riflettendo sul come riconoscere i segni della curiosità di Dio abbiamo riascoltato alcune riflessioni di Papa Francesco. Nell’Angelus del 17 marzo 2013, infatti ricorda una conversazione con una “nonna” sul perdono dei peccati, e di come Dio, con il suo intervento attivo sia sempre presente. E poi, nell’Angelus del 30 ottobre 2016, Papa Francesco ricordando l’episodio di Zaccheo “uomo disonesto e disprezzato da tutti, e perciò bisognoso di convertirsi” sottolinea nuovamente come lo sguardo di Gesù vada a cercare lo sguardo del peccatore.

Infine dal discorso di Papa Francesco ai partecipanti alla Conferenza Internazionale per la Pace, tenutasi in Egitto il 28 aprile 2017, esorta a cercare una “spinta verso l’Assoluto” in un mondo contemporaneo che viaggia ad una velocità frenetica.

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ANGELUS 17.03.2013

 

Se il Signore non perdonasse tutto, il mondo non esisterebbe

Papa: Ricordo, appena Vescovo, nell’anno 1992, è arrivata a Buenos Aires la Madonna di Fatima e si è fatta una grande Messa per gli ammalati. Io sono andato a confessare, a quella Messa. E quasi alla fine della Messa mi sono alzato, perché dovevo amministrare una cresima. E’ venuta da me una donna anziana, umile, molto umile, ultraottantenne. Io l’ho guardata e le ho detto: “Nonna – perché da noi si dice così agli anziani: nonna – lei vuole confessarsi?”. “Sì”, mi ha detto. “Ma se lei non ha peccato …”. E lei mi ha detto: “Tutti abbiamo peccati …”. “Ma forse il Signore non li perdona …”. “Il Signore perdona tutto”, mi ha detto: sicura. “Ma come lo sa, lei, signora?”. “Se il Signore non perdonasse tutto, il mondo non esisterebbe”. Io ho sentito una voglia di domandarle: “Mi dica, signora, lei ha studiato alla Gregoriana?”, perché quella è la sapienza che dà lo Spirito Santo: la sapienza interiore verso la misericordia di Dio.

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ANGELUS 30.10.2016

 

Un Dio che ci guarda

 

Papa: Quando arriva vicino a quell’albero, Gesù alza lo sguardo e gli dice: «Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua» (v. 5). Possiamo immaginare lo stupore di Zaccheo! Ma perché Gesù dice «devo fermarmi a casa tua»? Di quale dovere si tratta? Sappiamo che il suo dovere supremo è attuare il disegno del Padre su tutta l’umanità, che si compie a Gerusalemme con la sua condanna a morte, la crocifissione e, al terzo giorno, la risurrezione. E’ il disegno di salvezza della misericordia del Padre. E in questo disegno c’è anche la salvezza di Zaccheo, un uomo disonesto e disprezzato da tutti, e perciò bisognoso di convertirsi…

 

…Gesù, guidato dalla misericordia, cercava proprio lui. E quando entra in casa di Zaccheo dice: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto» (vv. 9-10).

 

… Lo sguardo di Gesù va oltre i peccati e i pregiudizi; vede la persona con gli occhi di Dio, che non si ferma al male passato, ma intravede il bene futuro; Gesù non si rassegna alle chiusure, ma apre sempre, sempre apre nuovi spazi di vita; non si ferma alle apparenze, ma guarda il cuore.

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VIAGGIO APOSTOLICO IN EGITTO

DISCORSO AI PARTECIPANTI ALLA CONFERENZA INTERNAZIONALE PER LA PACE AL CONFERENCE CENTER DI AL-AZHAR 28.04.2017

 

Un Dio che ama la vita

Papa: In un mondo che ha globalizzato molti strumenti tecnici utili, ma al contempo tanta indifferenza e negligenze, e che corre a una velocità frenetica, difficilmente sostenibile, si avverte la nostalgia delle grandi domande di senso, che le religioni fanno affiorare e che suscitano la memoria delle proprie origini: la vocazione dell’uomo, non fatto per esaurirsi nella precarietà degli affari terreni, ma per incamminarsi verso l’Assoluto a cui tende. Per queste ragioni, oggi specialmente, la religione non è un problema ma è parte della soluzione: contro la tentazione di adagiarci in una vita piatta, dove tutto nasce e finisce quaggiù, essa ci ricorda che è necessario elevare l’animo verso l’Alto per imparare a costruire la città degli uomini.

In questo senso, volgendo ancora idealmente lo sguardo al Monte Sinai, vorrei riferirmi a quei comandamenti, là promulgati, prima di essere scritti sulla pietra. Al centro delle “dieci parole” risuona, rivolto agli uomini e ai popoli di ogni tempo, il comando «non uccidere» (Es 20,13). Dio, amante della vita, non cessa di amare l’uomo e per questo lo esorta a contrastare la via della violenza, quale presupposto fondamentale di ogni alleanza sulla terra. Ad attuare questo imperativo sono chiamate, anzitutto e oggi in particolare, le religioni perché, mentre ci troviamo nell’urgente bisogno dell’Assoluto, è imprescindibile escludere qualsiasi assolutizzazione che giustifichi forme di violenza. La violenza, infatti, è la negazione di ogni autentica religiosità.

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13 Novembre 2018