Martedì in seconda serata
Il Principe Ranocchio - Musical
Il Principe Ranocchio – Musical

Sono ventisei i musical in scena nel Belpaese nella stagione 2015/16. Di questi solo sei sono “italiani” nel libretto, nelle musiche, nella regia e nel cast. Ma solo uno non si avvale di alcuna firma glamour, né di finanziamenti pubblici o privati. L’età media dei suoi creatori e dei dodici attori non supera i 35anni, il costo dello spettacolo poche decine di migliaia di euro e in otto piazze ha raccolto finora più di ventimila spettatori fra adulti e bambini facendo incetta di sold out e applausi. Insomma un piccolo ma significativo fenomeno tutto “made in Italy”: Il Principe Ranocchio della giovane compagnia torinese BIT. Certo la favola dei fratelli Grimm a cui il musical si ispira è tra le più note e frequentate: tre gli adattamenti per il cinema e sei per la tv. Ma l’originalità della messinscena targata BIT sta nell’aver puntato con estrema chiarezza su un tema coniugato poi in molte sfaccettature stilistiche, musicali e testuali: la diversità come valore. La trama è lineare: c’è il ranocchio, il Principe Frog, vittima dell’incantesimo della strega Baswelia (a cui dà voce graffiante e caratterizzazione accattivante la bravissima Lucrezia Bianco), che si vendica con un sortilegio del gran rifiuto da lei subìto; c’è l’immancabile bella principessa, Lilian (una espressiva e adamantina Elena Cascelli), spirito insofferente alle dorate gabbie di corte; c’è quindi l’incontro fatale tra la bella e la “bestiolina” che impegnerà tutte le sue energie nel tentativo di farsi amare e baciare per ritornare alle sue precedenti sembianze.

Non manca il personaggio fuori dagli schemi (che in realtà rientra perfettamente nel canone del “servo astuto”), tutto furbizia e geniale ilarità, di Gerard, l’inseparabile amico di Frog. Lo sviluppo rassicurante, nei dialoghi e nei testi delle canzoni diviene originale e incisivo, ad esempio come quando Ranocchio canta con orgoglio la difesa della sua identità e comprende il senso del proprio calvario. I valori insiti nella fiaba originale, come l’incontro e l’accoglienza di chi ci è estraneo, vengono intelligentemente esplicitati nelle liriche di Marco Caselle (anche intenso e brillante Principe Frog sulla scena) e nel libretto della regista e autrice Melina Pellicano che a questa chiave sociale di lettura tiene molto: «Ciò che non ci è famigliare ci destabilizza, mentre nella diversità ci sono enormi potenzialità di arricchimento».

E una ricchezza la comunicano difatti anche le sonorità di tutto il musical. Stefano Lori, Gianluca Savia e lo stesso Caselle si sono sbizzarriti a spaziare da un genere all’altro (funky, pop, classico, tango, dance e hip hop) senza rinunciare a una coerenza formale. Gli altri ingredienti di questo nostrano successo sono la caparbietà e il coraggio della produttrice Chiara Marro e l’intraprendenza di tutta la Compagnia Bit che non fa debiti, non ha scadenze temporali da rispettare e si autosovvenziona producendo performance per eventi aziendali. E non è da sottovalutare lo spirito del gruppo torinese che crede nei valori dell’amicizia e della famiglia. Non a caso alle prime prove del musical hanno assistito i loro bambini che hanno dato il giusto propellente a questa impresa.

di Michele Sciancalepore, fonte Avvenire

3 Marzo 2016

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