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Una donna, una scrittrice, una narratrice che da subito venne inquadrata come la rappresentante sarda della scuola “verista” il cui capostipite era Giovanni Verga. La stessa scrittrice nel 1891 scrivendo al direttore della rivista romana, La Nuova Antologia dice “L’indole di questo mio libro a me pare sia tanto drammatica quanto sentimentale e anche un pochino veristica se per ‘verismo’ intendiamo il ritrarre la vita e gli uomini come sono, o meglio come li conosco io“.

Verista si, ma con qualche differenza: il critico letterario, Natalino Sapegno, definisce i motivi che distolgono Deledda dai canoni del Verismo: “Da un’adesione profonda ai canoni del verismo troppe cose la distolgono, a iniziare dalla natura intimamente lirica e autobiografica dell’ispirazione, per cui le rappresentazioni ambientali diventano trasfigurazioni di un’assorta memoria e le vicende e i personaggi proiezioni di una vita sognata. A dare alle cose e alle persone un risalto fermo e lucido, un’ illusione perentoria di oggettività, le manca proprio quell’atteggiamento di stacco iniziale che è nel Verga, ma anche nel Capuana, nel De Roberto, nel Pratesi e nello Zena.

Grazia Deledda nacque nel 1871 a Nuoro, in Sardegna. La sua famiglia e il suo ambiente furono determinanti nel dare forma al suo futuro di scrittrice. Suo padre era un uomo socievole con molti amici nelle città circostanti, spesso la base di ispirazione per molti dei personaggi dei suoi romanzi.

Fonte di ispirazione fu anche la casa sull’isola e spesso lo sfondo era il paesaggio della Sardegna come metafora delle sfide che i suoi personaggi hanno affrontato.

Deledda si trasferì a Roma nel 1900 e nella capitale fiorì la grande stagione letteraria: da Elias Portolu del 1903 a Canne al vento del 1913 e La madre del 1920, dalle novelle al teatro.

Il 10 dicembre 1926 l’Accademia svedese le assegnò il Premio Nobel “per la sua potenza di scrittrice – queste le motivazioni -, sostenuta da un alto ideale, che ritrae in forme plastiche la vita quale è nella sua appartata isola natale, e che con profondità e con calore tratta problemi di generale interesse umano”.

Dieci anni dopo, nel 1936, la scrittrice morì a Roma a causa di un tumore al seno.

10 Dicembre 2017