LUNEDÌ MARTEDÌ GIOVEDÌ ORE 20.50

Alle 19.42 dell’8 settembre 1943 il maresciallo Pietro Badoglio annunciò via radio la firma dell’armistizio con gli Alleati, ma a Cefalonia, dopo pochi attimi di gioia per la fine della guerra, i militari italiani precipitarono in un vero incubo, ricevendo l’ultimatum dei tedeschi di consegnare loro tutte le armi. Particolarmente sanguinosi furono i fatti che si svolsero nell’isola, dove erano di stanza molti soldati della Divisione Acqui, i quali si opposero alla cessione delle armi imposta dai tedeschi. A dispetto dell’inferiorità numerica i militari della Wehrmacht ebbero la meglio grazie all’intervento aereo degli Stukas della Luftwaffe, che bombardarono senza sosta le postazioni tricolori di artiglieria e fanteria. Finché, il 22 settembre, il generale Gandin alzò bandiera bianca. Seguirono crudeli rappresaglie e fucilazioni di massa, con gli ufficiali italiani sterminati senza pietà. Gli ufficiali vengono sterminati nell’ormai noto e triste luogo della “casetta rossa”. Solo 37 di loro si salveranno grazie alle preghiere di padre Romualdo Formato e alla pietà di un ufficiale tedesco.

Alla fine della guerra padre Romualdo Formato, cappellano militare, scrive:”Non ho potuto ulteriormente tacere». Così pubblica “L’eccidio di Cefalonia. Lo sterminio della Divisione Acqui”(Mursia). Si tratta di una raccolta di memorie. Un capitolo di storia che l’autore visse insieme agli altri cappellani militari al seguito delle truppe italiane di stanza a Cefalonia e Corfù.

L’atmosfera di quei giorni era caratterizzata da incredulità e sbigottimento alla notizia dell’armistizio, dalla mancanza totale di ordini dall’alto, da inutili tentativi da parte dei comandanti italiani e tedeschi per trovare una soluzione pacifica. Fino all’ultimatum nazista, alla lotta coraggiosa e disperata, alla resa e alla fucilazione di oltre settemila soldati italiani fatti prigionieri dalla Wehrmacht.

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21 Settembre 2018